A che punto è “Per Gazzella”
Come ci eravamo impegnati a fare, abbiamo portato e consegnato di persona ai ragazzi palestinesi feriti o ai loro familiari, nelle rispettive case nella striscia di Gaza, la prima rata del denaro raccolto e a loro destinato: l’equivalente in travel cheques di seimila dollari per sessanta bambini – cento dollari, pari a due mensilita’, per ognuno di loro. Abbiamo pensato, infatti, conoscendo la terribile situazione nei campi profughi, che sarebbe stato opportuno consegnare a tutti la stessa somma e trattenere fino alla prossima consegna nel conto che abbiamo aperto in banca “Per Gazzella” il resto delle somme gia’ versate da molti per l’intero importo (660.000 lire = 340,80 euro).
Le spese di viaggio per due persone (andata e ritorno in aereo, albergo a Gerusalememe, corse in auto da e per Gaza) erano totalmente a nostro carico. Per risparmiare abbiamo viaggiato con la compagnia greca Olympic piuttosto che con l’Alitalia (460.000 lire anziche’ un milione, ma non pochi disagi: soste ad Atene di otto ore all’andata e cinque al ritorno, arrivo a Tel Aviv e partenza da Gerusalemme, rispettivamente, alle tre e alle quattro del mattino). Per la prossima volta bisognera’ trovare una soluzione diversa. Fortunatamente, a Gaza siamo stati completamente ospitati dalla Medical relief, organizzazione non governativa palestinese attiva da anni nei territori occupati sulla cui serieta’ ed efficienza avevamo ricevuto garanzie nell’ambiente medico italiano e palestinese. Il Medical relief ha pienamente risposto alle aspettative, ha perfettamente organizzato il nostro lavoro nei campi profughi e ci ha permesso di raggiungere e conoscere in due giorni le sessanta famiglie.
Essi avevano preparato per noi un elenco di sessanta nomi, scelti a uno a uno nei campi tenendo conto della gravita’ della ferita e della condizione sociale della famiglia; criteri indubbiamente piu’ validi di quello genericamente seguito da noi a Roma, a tavolino, quando avevamo trascritto dall’elenco dei centocinquanta nomi in quel momento disponibili, una quota di sessanta. Abbiamo quindi accettato di procedere secondo le loro indicazioni e abbiamo suddiviso il denaro – in shekel, la moneta israeliana corrente nei Territori – che nei due giorni successivi abbiamo portato a destinazione. Siamo certi che i nostri sottoscrittori avrebbero fatto la stessa scelta e che quelli di loro che leggeranno nell’elenco un nome diverso da quello inizialmente selezionato comprenderanno e continueranno a sostenerci.
Dovremmo dire, a questo punto, quale esperienza umana e politica – rara e ricchissima – sia stata per ognuno di noi visitare queste case, poco piu’ che delle baracche, guardarci attorno – quelle stanze, quei viottoli sterrati, quelle sedie sconnesse, quei panni stesi sul filo ad asciugare, quei volti, quelle ferite inflitte a corpi innocenti, quelle canne di fucile e quei bunker a pochi metri dai quali eravamo costretti a muoverci,- misurare in tutte le sue dimensioni l’enormita’ di questa ingiustizia storica e le responsabilita’ di chi non la racconta, non la vede, non sente il dovere di mostrarne le immagini. Non ci bastano le parole.
A coloro che ci hanno permesso di viverla proponiamo di unirsi a quelli di noi , volontari della campagna “Per Gazzella”, che torneranno a giugno in Palestina. Chi lo desidera, chi conosce l’inglese o l’arabo, chi può permettersi di spendere un milione e di sacrificare una settimana di ferie per qualcosa che vale, ci pensi e ce lo dica in tempo.