Resoconto osservatore Action for Peace

Pubblicato il 9 aprile 2002 da Gazzella
 

I muri del pianto.

Siamo qui, sono qui, che nulla mi autorizza a parlare in nome di altri, a testimoniare. a testimoniare quanto atroce e profetica sia una affermazione di franz kafka, uno scrittore e un ebreo, ‘l’evoluzione umana è una crescita della potenza di morte’. noi, io, abbiamo visto la potenza di morte dispiegarsi contro bambini, donne, civili, contro ogni umano diritto. noi siamo qui a testimoniare quanto dense e intense, sei pietre scagliate contro la coscienza molle dell’europa e del mondo, siano le parole scritte dall’osservatore romano il 3 aprile scorso, a nome dell’unica autorità morale dell’occidente: ‘la terra del risorto è profanata vittima di una aggressione che si fa sterminio’. noi, io, possiamo testimoniare la profanazione, l’aggressione, una aggressione che si fa sterminio. siamo qui a testimoniare la straordinaria forza morale del popolo palestinese, dei bambini, dei ragazzi, dei giovani, degli uomini e delle donne. due giovani palestinesi, a rischio della loro vita, ci hanno riportato a piedi da ramallah a gerusalemme. ma siamo qui anche per condividere con voi qualche tentativo di riflessione. siamo in guerra, una guerra mondiale. l’escalation militare in palestina non è altro che il secondo atto della guerra che gli stati uniti hanno iniziato dopo l’11 settembre. il prossimo atto sarà l’iraq, uno degli stati definiti canaglia da un gentleman che abita la casa bianca. dovrebbero prenderne coscienza anche gli sciagurati che hanno votato, quasi alla unanimità, la grottesca partecipazione italiana inafghanistan, ‘bisogna esserci per contare’, ha spiegato qualcuno. secondo chalmers johnson, professore americano della università di berkeley, direttore del japan policy research institute e autore del saggio ‘gli ultimi giorni dell’impero americano’, esiste però anche una superpotenza canaglia, il suo paese. è facile, e difficile allo stesso tempo, perché le certezze sono sempre maligne, prevedere che il rallentamento, che è solo apparente, dell’escalation militare in palestina, ha lo scopo di evitare che i paesi arabi si defilino dall’appoggio necessario agli americani per attaccare l’iraq. dopo l’iraq o durante l’iraq il governo israeliano potrà tentare la soluzione finale in palestina. la soluzione finale in palestina si chiama palestinianfrei, è scritto nei programmi del governo israeliano. una seconda riflessione: perché tutto questo è accaduto e accade? perché come ci ha fatto osservare il primario anestesista del new trauma center di ramallah le due guerre mondiali sono durate 5 anni e questa guerra dura da più di 50 anni? la guerra secondo franco fornari, autore del saggio ‘psicanalisi della guerra’, è una elaborazione paranoica di un lutto. il lutto indicibile dell’olocausto è elaborato dal popolo israeliano in modo paranoico e paranoide. potrebbe esserci un’altra via? l’altra via è quella percorsa dalla minoranza dei pacifisti e di tutti coloro che si oppongono alla politica del governo israeliano. è la via che percorrono i soldati israeliani che hanno detto no. è la via suggerita dai francescani con il loro rifiuto di dichiararsi ostaggi dei palestinesi. è la via scelta dal sacerdote che al check point tra bethlehem e gerusalem il 31 dicembre 2001 davanti ai centurioni che avevano bloccato la marcia interreligiosa ha letto il sermone della montagna: ’beati i poveri di spirito …beati i pacifici …beati i perseguitati …’ è la strada di nurit peled, premio sakharov per la pace, che ha visto morire in un attacco di hamas la figlia di 14 anni. ’a gerusalemme, speranza e umanità stanno morendo.israele sta diventando un cimitero di bambini e il cimitero cresce di minuto in minuto, come un regno sotterraneo che cresce sotto i nostri piedi e trasforma in un deserto tutto quanto ci circonda…. vi prego, aiutate le madri ad avere il sopravvento e a salvare i figli.’l’olocausto chiede a tutti noi, scrive tom segev, un israeliano, nel libro il settimo milione, di tutelare la democrazia, combattere il razzismo e difendere i diritti umani. l’olocausto conferma e rafforza, prosegue, la legge israeliana che impone ad ogni soldato di non obbedire a un ordine palesemente illegittimo. ‘è questo il compito del settimo milione’, conclude. in modo retorico e ingiurioso è stato chiesto a noi, osservatori internazionali, definiti ‘pacifisti’, virgolette in una qualche misura sprezzanti, è stato chiesto da vili, cinici e immorali servitori sui media di ogni causa ingiusta, se abbiamo condiviso con gli israeliani l’incubo degli attacchi suicidi. per quel poco, anzi pochissimo, anzi nulla, che abbiamo potuto, abbiamo fatto anche questo. siamo anche saliti sugli autobus israeliani, come ci ha interrogato un editorialista del corriere della sera, siamo anche entrati nei supermercati, abbiamo anche cenato in ristoranti di israele. il 30 dicembre 2001 durante la missione precedente in cinque in unagiornata abbiamo preso tre autobus per andare a neve shalom, un luogo, in israele, in cui palestinesi e israeliani tentano di costruire, elaborando in modo non paranoico il lutto e lavorando sul futuro, le condizioni per una pace duratura. abbiamo camminato da soli o in gruppo per le vie di gerusalemme ovest nei luoghi insanguinati dagli attacchi suicidi. ci siamo interposti a ramallah tra i soldati e i tanks israeliani, che impedivano l’ingresso delle ambulanze nel cortile di un ospedale, e i medici e gli infermieri palestinesi che all’arrivo di due cadaveri straziati e insanguinati si stavano per lanciare addosso ai soldati israeliani. il 29 marzo a paris square eravamo con le donne in nero quando sono passate auto della polizia e ambulanze che accorrevano in un supermercato non lontano dove una giovane palestinese si era uccisa e aveva ucciso. un secondo supermercato era davanti a noi. uno dei coordinatori della delegazione action for peace, su richiesta dei medici del new trauma center, è uscito a cercare di raccogliere il cadavere di una donna palestinese uccisa da un cecchino. il cecchino ha sparato anche a lui. qualcuno di noi, i più coraggiosi, roberto giudici, si sono anche interposti contro la forma più vile e disumana di terrore.abbiamo pianto per le vittime, per tutte le vittime di questa indicibile tragedia, abbiamo pianto di fronte ai muri infiniti che impediscono ogni percorso alla speranza. il nostro pianto, merita rispetto. la sofferenza che ho visto nei volti degli oltre 250 giovani e giovanissimi che con noi, molto più anziani, hanno condiviso questa drammatica esperienza, merita ammirazione. noi possiamo, dobbiamo, tutti, essere vicini al popolo palestinese e al popolo israeliano. credenti insieme ai non credenti. con la preghiera e il pianto.

alfredo tradardi

osservatore internazionale di action for peace mercenasco (ivrea), 9 aprile 2002

bibliografia

1. franco fornari, psicoanalisi della guerra, feltrinelli 1967

2. tom segev, il settimo milione – come l’olocausto ha segnato la storia di israele, scie mondadori 2001 3. zygmunt bauman, modernità e olocausto, il mulino 1992

4. edward said, la questione palestinese – la tragedia di essere vittime delle vittime, gamberetti 2001

5. chalmers johnson, gli ultimi giorni dell’impero americano, garzanti 2001

6. ‘sento il dominio della morte’ di nurit peled-elhanan, premio sakharov per la pace

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