relazione del viaggio a Gaza, maggio-giugno 2013
Viaggio a Gaza – maggio-giugno 2013
Volo Alitalia Roma – Tel Aviv. Dopo 3 ore di viaggio arriva l’annuncio: ”Restare seduti con le cinture di sicurezza allacciate. E’ vietato fotografare o usare binocoli come da disposizioni dell’autorità israeliana”. Stiamo sorvolando il mare, la costa ancora non la vediamo, ma è chiaro, sto arrivando in Palestina!
La mia ultima visita a Gaza è stata lo scorso novembre. La Striscia di Gaza era sotto i bombardamenti. Uno dei tanti attacchi israeliani che a novembre 2012 ha causato più di 1200 feriti , di cui 253 erano bambini, e 156 vittime di cui 33 erano bambini. Distrutte infrastrutture, case, uffici governativi, scuole, sedi di associazioni e sedi giornalistiche.
Gaza dopo circa 6 mesi da quell’attacco ne porta ancora i segni, in particolare le tante case da ricostruire. I sostegni economici dei paesi arabi (Qatar in primis) sono stati indirizzati alla ricostruzione di infrastrutture quali strade, vasche di contenimento per le acque reflue, uffici governativi.
Gli ospedali pubblici della Striscia di Gaza continuano ad essere in sofferenza e le attrezzature, in particolare per la prevenzione ma anche per la cura, non sono sufficienti a fronteggiare le necessità sanitarie.
A Gaza l’economia si basa soprattutto sul traffico dei tunnel, quasi tutti controllati dall’autorità di Gaza. Le merci in entrata vengono registrate e si deve pagare una tassa. Girando per la Striscia di Gaza si vive una evidente contraddizione: si vedono pub nuovi ed eleganti; spiagge private con ingresso a pagamento; gente senza lavoro che vive di sovvenzioni e aiuti ONU; case ricostruite rifinite con materiali di lusso e costosi come il marmo; e di contrasto case senza acqua, senza pavimenti e finestre o che a malapena si possono definire case; elettricità distribuita a ore in diverse zone della Striscia. Una sopravvivenza sotto occupazione che evidentemente per alcuni, pur restando difficile, lo è certamente molto meno. A Gaza ti capita di vedere questi nuovi pub, dal chiaro richiamo italiano come Illy Caffè o Carino’s Restaurant dove nel menù trovi piatti italiani. Un espresso a Illy Caffè costa, consumato in piedi, 5 NIS cioè quasi 1 euro e 20 cent, la metà circa con cui vivono i poveri di Gaza.
L’attività dei pescatori è soggetta a continui attacchi israeliani e l’accordo dello scorso mese di novembre, raggiunto con “la tregua” – e cioè di permettere la pesca fino a 6 miglia dalla costa, non è mai stato rispettato. Anche i contadini devono fare i conti, tutti i giorni, con le forze di occupazione che impediscono, con continue aggressioni, la raccolta dei prodotti e la coltivazione della terra.
In questa situazione, dove non c’è speranza per una soluzione volta a riconoscere al popolo palestinese la sua terra e i suoi diritti, crescono i bambini /ragazzi in adozione con il progetto di Gazzella.
A Gaza ho visitato alcuni bambini disabili seguiti dall’Associazione Hanan ed altri sordomuti seguiti dall’Associazione Emaar per conto di Gazzella. Non ho potuto visitarli tutti perché non ne avrei avuto il tempo. Mi propongo di visitare i restanti al prossimo viaggio.
Alcuni bambini li ho incontrati presso gli spazi dell’Associazione Hanan, altri sono andata a trovarli nelle loro case. I genitori dei nostri bambini sono molto riconoscenti per il sostegno che arriva dagli adottanti e per tante famiglie il contributo che percepiscono costituisce l’unica risorsa economica.
Molte mamme mi hanno raccontato delle difficoltà e della paura che hanno avuto durante gli attacchi dello scorso novembre; numerose famiglie hanno dovuto lasciare le loro case perché colpite dalle bombe o perché situate vicino al ‘confine’ e quindi in aree soggette a continue incursioni israeliane via terra. In tanti hanno trovato alloggio presso parenti.
I nostri amici di Hanan mi hanno raccontato delle difficoltà a mantenere le attività a sostegno dell’infanzia per mancanza di risorse economiche a causa dei tagli che molte ONG hanno dovuto fare per la crisi economica internazionale. Stessa situazione per il Medical Relief che si è visto costretto a tagliare alcuni servizi sanitari nei centri di Khan Younis e Beit Hanun.
Durante la mia permanenza a Gaza ho incontrato, allo Shifa Hospital, la d.ssa May El Hachem e il dott. L. Dall’Oglio entrambi dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma che si trovavano a Gaza, con un programma definito, per sole 48 ore. Il dott. Dall’Oglio, chirurgo pediatra, aveva eseguito due interventi presso l’ospedale pediatrico Ranteesi. La D.ssa El Hachem era a Gaza per valutare alcuni casi di epidermolisi bollosa. I casi verranno poi seguiti in loco da personale che afferisce all’associazione Debra Italia ( Ricerca sull’Epidermolisi Bollosa). Confrontandoci sulle nostre esperienze ho potuto apprendere che uno dei casi che abbiamo in adozione, la nostra Islam affetta da epidermolisi bollosa, è seguita dal team che afferisce al progetto della d.ssa El Hachem. Islam, 3 volte alla settimana, riceve le cure presso il reparto di dermatologia dello Shifa Hospital. Ho approfittato dell’opportunità di questo breve incontro per sottoporre ai due medici alcuni casi di bambini che abbiamo in adozione e che a detta dei dottori locali necessitano di interventi. Immediatamente – con l’aiuto di Elham, collaboratrice del Medical Relief – abbiamo fatto venire per una visita Di’ja, Hanadi e Sa’ad, bambini feriti che sono nel progetto Gazzella. Mentre per Di’ja e Hanadi non vi è l’urgenza di intervenire, per Sa’ad c’è l’impegno di raccogliere le cartelle cliniche per una valutazione medica e verificare la possibilità che un medico chirurgo del Bambino Gesù vada a Gaza per effettuare l’intervento. Nelle poche ore trascorse con i medici del Bambino Gesù abbiamo avuto modo di condividere le nostre esperienze, il nostro pensare comune su quanto ci sia da fare per i servizi sanitari palestinesi, sia di cura che di prevenzione, consapevoli che il lavoro e l’impegno, seppure non risolutivi dei problemi, possono di certo alleviare molte sofferenze.
Il venerdì in cui mi trovavo a Gaza è stata una serata particolare: i locali pubblici si sono riempiti di palestinesi accorsi per vedere la trasmissione musicale Arab Idol (una competizione fra vari cantanti, vince chi riceve più voti), ma soprattutto per condividere e supportare il messaggio del cantante Mohammed Assaf. Davanti a grandi schermi stavano seduti giovani e non, con la bandiera palestinese, in attesa di ascoltare il giovane di Khan Younis che attraverso le parole delle sue canzoni canta la sofferenza e i diritti del popolo palestinese. Io stavo seduta sola davanti ad una tazza di thè quando un signore avvicinandosi mi chiede se ho una carta telefonica attiva. Alla mia risposta affermativa mi spiega come e perché votare per Assaf, il n. 3: “Assaf canta le nostre canzoni e il profumo della nostra terra”.
Durante la mia permanenza a Gaza ho condiviso l’appartamento con due operatori/psichiatri provenienti dalla Germania. Hanno svolto attività presso una scuola di Beit Lahiya. Il progetto che stanno cercando di avviare, il “Mental Health Project-Psyco drama”, consiste nel far esprimere ai bambini, attraverso il gioco, le paure e le angosce. Agnes e Stefan avevano con loro, quale attrezzatura per le attività, animali in plastica e carta colorata.
Lascio Gaza, ma non senza essere sottoposta al controllo al ‘confine’ di Erez. Il “vecchio body scan” è stato sostituito con altra apparecchiatura, forse di nuova generazione! Ma sulle emissioni di radiazioni nessuna informazione.
Vorrei ringraziare tutti e tutte per gli sforzi che state facendo, non solo per alleviare le sofferenze dei nostri bambini, ma anche per la tenacia della vostra solidarietà che aiuta a far conoscere le condizioni di oppressione nelle quali vivono i palestinesi.
G.
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