Resoconto del viaggio di Gazzella nella Striscia di Gaza – dicembre 2014

Pubblicato il 2 gennaio 2015 da Gazzella
 

Resoconto del viaggio nella Striscia di Gaza – dicembre 2014

I pochi turisti nel mercato della città vecchia di Gerusalemme sembrano occultare le ingiustizie e le violenze che quotidianamente vengono fatte contro i civili palestinesi. Solo a pochi chilometri dalla porta di Damasco le forze di occupazione israeliane entrano nelle case palestinesi, sequestrano e attaccano i civili, mentre gruppi di coloni invadono i villaggi palestinesi della Cisgiordania. Una escalation pericolosa che trova risposta nei comitati locali di difesa e resistenza che i palestinesi hanno costituito sul territorio, mentre il presidente dell’A.N.P. continua a dare collaborazione all’esercito israeliano nell’individuazione di civili che resistono contro l’occupazione. Gli alberghi di Gerusalemme Est e della città vecchia non registrano il pieno e per le festività di Natale tanti hotel resteranno chiusi. E’ consigliato non muoversi nella Gerusalemme Est e nel centro storico dopo il tramonto, per ragioni di sicurezza, mentre Gerusalemme Ovest si riempie di luci e gente. I due volti dell’occupazione!

Arrivo nella striscia di Gaza, dopo 3 mesi, sotto una pioggia incessante e con le temperature che si sono sensibilmente abbassate. La situazione è indescrivibile: tra macerie rimaste sul terreno, incontro parte di quelle 7.000 famiglie che hanno perso tutto. Donne, uomini, bambini rifugiati tra i muri pericolanti di quella che era una casa, tra crateri di bombe; famiglie che non hanno voluto abbandonare quel che resta della loro abitazione, della loro vita. Altre 3.500-4.000 famiglie, circa 28.000 civili, hanno trovato rifugio nelle 19 scuole che l’Unrwa ha messo a disposizione; altre ancora hanno trovato sistemazione presso parenti, in condizioni di convivenza molto difficili.

Nel corso delle visite ai nostri bambini-ragazzi, più di 80 visitati, alcuni li ho trovati nelle scuole Unrwa, dove vivono in condizioni difficili: sovraffollamento, alimentazione non sufficiente e quotidianità vissuta in spazi inadeguati. Parliamo di famiglie composte mediamente da 7-12 persone. I genitori riferiscono di atteggiamenti aggressivi da parte dei figli nei confronti di altri bambini, ma anche nei confronti degli adulti. Sono moltissimi i casi di disagio psicologico, di attacchi di panico; si riscontrano malattie infettive in particolare della pelle. Situazioni tutte segnalate, conosciute, ma che a causa dell’assedio e quindi dell’impossibilità di intervenire non potranno che aggravarsi. Israele continua nella sua politica di assedio e i border di Karni e Kherem Shalom vengono aperti a singhiozzo e solo pochi materiali possono entrare. Il governo egiziano, a sostegno della politica israeliana, continua a tenere chiuso il border di Rafah, dove migliaia di palestinesi attendono di poter uscire o rientrare nella striscia di Gaza.

Visitando i nostri bambini, in alcune case ho trovate ancora resti di bombe sganciate durante l’aggressione “margine protettivo”: donne, uomini e bambini che vivono a contatto con questi materiali dannosi alla salute. Riferiscono dal ministero degli interni del Governo di Gaza che è in corso la mappatura del materiale inesploso rimasto sul terreno, ma con difficoltà nella raccolta. Chi risponderà dei danni causati alla salute dei civili, determinati dagli effetti delle sostanze chimiche nocive delle bombe utilizzate da Israele?

Girando tra le macerie di Shaja’iyya e Kuhza incontro famiglie sistemate in caravan, donati dai Paesi Arabi e da organizzazioni umanitarie del Regno Unito. Donne, uomini e bambini che cercano di riprendersi la vita: condividono spazi comuni, dividono farina , frutta, acqua, confezioni varie di cibo che ricevono dall’Unrwa.

L’elettricità continua ad essere per poche ore al giorno (da 6 a 8 ore) e l’acqua viene fornita dalle organizzazioni che operano sul territorio; il 90% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà e dipende totalmente dagli aiuti umanitari, mentre un abitante su due non ha un lavoro. L’assedio e l’immobilismo della politica internazionale sta soffocando la popolazione di Gaza.

Negli ospedali pubblici è sempre emergenza: mancano medicinali e in particolare per la cura di patologie gravi. All’ospedale Shifa di Gaza sono arrivati da poco i farmaci bloccati da agosto all’aeroporto di Tel Aviv: crema per malattia della pelle e farmaci per bambini, tutto donato dall’ospedale di Negrar. Sono gocce in un mare di bisogno: quello che serve è un continuo e certo invio di farmaci e materiali sanitari per la cura e la prevenzione, diritti questi negati dall’occupazione israeliana. Il nuovo padiglione dell’ospedale Shifa che sarà destinato ai reparti di chirurgia, costruito con fondi del Qatar, non è ancora operativo a causa dell’assedio che impedisce l’entrata delle nuove attrezzature e materiali per ultimare i lavori.

Ho incontrato i genitori di Ayyub, (*) il ragazzino arrestato nel 2011 a Erez . La madre che era appena tornata dalla prigione di Asqelot dove è attualmente detenuto Ayyub, ha raccontato delle difficoltà a far visita al figlio, in un anno due visite, delle violenze psicologiche a cui lei viene sottoposta durante i controlli di “sicurezza” e i colloqui con il figlio sempre sotto stretto controllo. Riferisce che non è riuscita a vedere in maniera netta il volto del figlio, perché i colloqui avvengono attraverso un vetro oscurato. Ayyub è stato trasferito da poco a Ashqelot dal carcere di Beersheva; lo spostamento ha fatto seguito alle rivolte dei detenuti palestinesi dello scorso mese di luglio, quando in pieno attacco israeliano contro la popolazione civile di Gaza, nelle carceri erano iniziate le rivolte e le proteste. Riferisce la madre di Ayyub che buona parte dei detenuti sono stati trasferiti dalle carceri e questo per rendere più difficili, se non impossibili, gli spostamenti dei parenti per le visite: prigionieri provenienti dalla Striscia di Gaza sono stati spostati in carceri della Cisgiordania e viceversa, detenuti provenienti dalla Cisgiordania sono stati trasferiti nelle carceri a confine con la Striscia di Gaza. Ayyub che è stato condannato a sei anni di carcere dovrà scontarne ancora 2 e mezzo; la madre è particolarmente preoccupata per la condizione psicologica di Ayyub, e denuncia l’impossibilità di garantire adeguate cure al figlio.

Durante la mia permanenza a Gaza temporali e forti piogge hanno causato allagamenti di buona parte dei campi profughi e a Gaza city hanno costretto tante famiglie ad abbandonare le loro case per trovare altri ripari. L’inverno a Gaza sarà difficile per chi vive nelle case parzialmente distrutte, nei caravan e nelle scuole Unrwa. Il silenzio della comunità internazionale sulla condizione in cui versa la popolazione civile della Striscia di Gaza continua, mentre si fanno accordi per gli interventi di cooperazione internazionale; interventi economici che senza una volontà politica internazionale di riconoscere il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese, serviranno solo a mantenere lo stato attuale delle cose.

Lascio La striscia di Gaza mentre è in corso lo sciopero dei lavoratori delle pulizie negli ospedali pubblici. L’ospedale di Beit Hanun è già stato chiuso e il rischio chiusura, per ragioni igienico sanitarie, riguarda tutti gli ospedali pubblici. La protesta è determinata dal fatto che dallo scorso mese di maggio i lavoratori non ricevono lo stipendio; questa è una situazione che accomuna tutti i dipendenti che afferiscono al Governo di Gaza. Tra l’altro i tagli agli stipendi, 50%, erano già in essere da settembre 2013. La chiusura dei tunnel ha determinato il blocco delle entrate di materiali, sulle quale venivano riscosse le tasse; un ricavo con il quale erano anche pagati gli stipendi ai dipendenti pubblici del Governo. La tensione sociale è alta: dal 2007, da quando Hamas ha preso il controllo della Striscia di Gaza dopo la vittoria alle elezioni amministrative, la divisione tra i palestinesi si è inasprita e questo a causa anche dell’operato dell’Autorità Palestinese che in questi anni ha dato garanzie di “parte” come il continuare a pagare salari solo ai suoi dipendenti anche se non lavorano e garantire invio di farmaci e attrezzature alle sole cliniche che afferiscono all’AN.P.

Quella dei palestinesi è una realtà sociale sofferente, ma il tessuto umano non è ancora del tutto distrutto nei valori di solidarietà e nella volontà di rivendicazione dei diritti universali.

g.

28.12.2014

(*) Ayyub è stato ferito ad aprile 2008 all’età di 16 anni durante un attacco israeliano. Il ragazzo è entrato nel programma di adozione Gazzella. A giugno del 2011 Ayyub era stato trasferito, con altri ragazzi disabili, in Slovenia per un intervento chirurgico. Al suo rientro, alla fine di giugno 2011 è stato arrestato al posto di blocco di Erez. Dal momento dell’arresto, di Ayyub si è sempre saputo poco. La famiglia non lo aveva potuto vedere e le uniche visite fatte erano state quelle dell’avvocato e della Croce Rossa Internazionale. La corte israeliana lo ha condannato a 6 anni di carcere e pur avendo Ayyub meno di 16 anni all’epoca dei presunti fatti attribuiti, la corte non ha voluto tenere in considerazione questo elemento. Il giudizio della corte israeliana non si è basato solo sulle informazioni, dei collaborazionisti, che portarono all’arresto di Ayyub, ma ha trovato elementi per la condanna anche nelle dichiarazioni di agenti dello Shin Bet che erano stati inseriti volutamente nella cella con Ayyub, ai quale, pare, il ragazzo abbia raccontato del suo appoggio a gruppi della resistenza durante azioni di difesa agli attacchi israeliani.

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