Rapporto del viaggio di Gazzella a Gaza, febbraio – marzo 2022
Finalmente dopo più di 2 anni in cui a causa del Covid noi due non siamo riuscite ad andare in Palestina (ma una nostra volontaria di Gazzella c’è andata nel dicembre scorso), eccoci di nuovo a Gerusalemme pronte per entrare nella Striscia di Gaza.
Dopo un sabato passato fra passeggiate nella città vecchia e lavoro preparatorio sui bambini adottati da visitare e sui progetti finanziati dall’8×1000 della Chiesa Valdese di cui stavamo andando a controllare andamento e risultati, la domenica mattina all’alba siamo partite in taxi per Gaza con un nuovo autista, Abdallah, perché ahimè il nostro autista da molti anni Kim non rispondeva alle nostre chiamate e poi al suo cellulare ha risposto la figlia comunicandoci la sua morte il mese passato.
L’ingresso di Eretz per Gaza è molto cambiato. Non più modesti e sgangherati casotti ma saloni ancora più belli dell’ingresso da Israele, con pavimento di marmo e con tanti sportelli dove impiegati che parlano solo arabo, controllano i documenti. Questo avviene sia per l’Autorità Palestinese che poi per Hamas. Inoltre, invece di percorrere il lungo tragitto per entrare finalmente a Gaza che prima si faceva a pezzetti alternati a piedi o su delle macchinette scoperte c’è adesso un elegante (si fa per dire) pulmino. Alla fine dei controlli che sono abbastanza rapidi, ma soprattutto senza nostra preoccupazione per un possibile rifiuto come avviene invece per il controllo israeliano, troviamo l’autista dell’associazione Aisha, Ahmed, che rassicurante ci aiuta negli ultimi passaggi e ci porta a Gaza city nella sede dell’associazione dove rivediamo le nostre ormai vecchie amiche che ci accolgono festosamente, e noi siamo veramente felici di trovarci là dove concordiamo un programma di massima per i giorni seguenti. I giorni seguenti sono stati molto intensi perché mancando da Gaza da più di 2 anni dovevamo recuperare il tempo perduto vedendo gente, andando a visitare bambini adottati e a verificare come vengono impiegati i soldi dei 2 progetti finanziati dalla Chiesa Valdese.
Anche a Gaza come a Gerusalemme, quasi nessuno usa la mascherina. A Gaza tutte le persone che abbiamo incontrato hanno avuto il Covid, ma solo una è stata in ospedale mentre le altre lo hanno avuto anche più di una volta ma leggero. Pare che i morti siano stati pochissimi. La ragione è forse che la popolazione di Gaza è molto giovane e/o che dato l’isolamento il virus è arrivato tardi quando le varianti erano diventate più contagiose ma molto meno dannose.
Come ogni altra volta siamo impressionate da quante nuove costruzioni troviamo e fra queste quante nuove moschee fra cui alcune veramente belle. Sembra quasi un assurdo gioco, costruire costruire perché gli israeliani possano buttar giù al prossimo bombardamento e alla fine dei bombardamenti, con gli aiuti ricostruire aumentando il numero di moschee!
Siamo state molto felici di vedere fra i bambini adottati che siamo riuscite a visitare, che molti di loro, feriti nell’operazione Israeliana “Margine Protettivo” del 2014, stanno decisamente meglio fisicamente e parecchi anche psicologicamente. Purtroppo non tutti. Alcuni sono stati colpiti peggio di altri, hanno perso membri della loro famiglia e amici e/o pezzi del proprio corpo e non riescono a riprendersi anche perché la situazione economica in generale è difficilissima, gli svaghi non esistono, le scuole hanno orari brevi con turni di mattina o di pomeriggio e classi di 45-50 studenti dove insegnanti e psicoterapeuti quando ci sono non possono occuparsi individualmente dei bambini.
L’associazione Aisha ci ha proposto di sostituire alcuni ragazzi ormai diciottenni che stanno abbastanza bene e molti sono iscritti all’università, con ragazzini feriti nel 2018-2019 ai confini con Israele nella “Grande Marcia del Ritorno”. La Grande Marcia del Ritorno è stato un fenomeno interessante in cui però hanno perso la vita molti ragazzini, bambini e personale medico e paramedico e tantissimi sono stati i feriti anche gravemente e con danni spesso permanenti. Per fortuna adesso che è stata mostrata al mondo la situazione la grande marcia del ritorno non avviene quasi più.
I 2 progetti finanziati dall’8×1000 delle tasse dei contribuenti italiani dati alla Chiesa Valdese sono quello di Gazzella con Il GCMHP (Gaza Community Mental Health Program) come partner di Gaza (Supporto psicologico per i/le bambini/e più vulnerabili della Striscia di Gaza) e quello della WILPF (Women International League for Peace and Freedom) con l’associazione Aisha come partner di Gaza, (Liberi di vivere. Promuovere un percorso di riabilitazione e avviamento al lavoro per i minori che hanno violato la legge).
Chiediamo al direttore del GCMHP di andare a visitare qualche scuola in cui l’anno passato nell’ambito del progetto finanziato dalla Chiesa Valdese hanno lavorato. Ci viene a prendere la responsabile del progetto sul training di esperti psicosociali che devono occuparsi di studenti di scuola media che hanno bisogno di aiuto psicologico. Andiamo al Ministero dell’educazione dove veniamo ricevute da un vicedirettore perché il direttore è malato e da una funzionaria simpatica, sorridente e dall’aria efficiente che ci illustrano brevemente le loro attività e i loro problemi e partiamo con loro in taxi per andare a visitare due scuole pubbliche fra quelle scelte per il progetto, in governatorati diversi. La prima scuola è a Gaza city ed è una scuola media maschile con 1100 ragazzi dai 10 ai 14 anni. È stata costruita nel 2017 e la costruzione è bella ma la scuola ha dei problemi enormi. Classi di 40-50 studenti, l’ambiente è misto e molti ragazzini sono figli di genitori separati o divorziati, cosa che li rende agli occhi degli altri dei diversi e in genere non bene accettati dalla comunità. Il preside ci spiega che quando c’è qualche problema in una classe i dirigenti della scuola rimescolano gli studenti con quelli di altre classi. C’è una piccola stanza dove un solo psicoterapeuta vede i ragazzini con problemi. Date le dimensioni della scuola e il numero di ragazzini con problemi, è impossibile fare trattamenti individuali e i trattamenti di gruppo sono resi molto difficili dalle piccole dimensioni della stanza e dalla poca preparazione che dice di avere lo psicoterapeuta che sta aspettando i corsi che nell’ambito del nostro progetto gli verranno impartiti per imparare le tecniche moderne di terapia di gruppo. Traversare il grande cortile per andare via è stata un’impresa incredibile per la folla di ragazzini che avevano finito il loro turno di lezioni. La persona che ci accompagnava, penso fosse il direttore, si e ci faceva largo con un grosso bastone. Noi eravamo impressionate, ma i ragazzini per niente. Andiamo poi in una scuola del governatorato del sud, a Khan Yunes in una zona rurale. La scuola è piccola, di circa 300 bambini da 6 a 13 anni. Le prime 3 classi sono miste, mentre le altre 5 sono solo femminili. La preside è molto simpatica e ci dice che manca tutto tanto che lei ha portato il generatore da casa sua. L’atmosfera sembra molto tranquilla. Visitiamo una classe dove in prima fila c’è anche una sorridente bambina handicappata. Ci cantano delle canzoncine e un bambino dei versetti del Corano. Il grosso problema qui risulta inaspettatamente essere il bullismo che evidentemente i maschi imparano a casa e che a scuola mettono in pratica pesantemente con le povere bambine disarmate. All’uscita la bambina handicappata viene issata dalla sorella più grande sulla moto del padre dove sale poi anche lei. Anche in questa scuola mi sembra che sarebbe molto utile un assistente psicosociale ben preparato per poter dare un aiuto serio a bambini e bambine!
I giorni seguenti andiamo a visitare le attività realizzate nell’ambito del progetto WILPF-Aisha.
Andiamo a visitare una scuola per parrucchieri maschi che imparano il mestiere per poi praticarlo su maschi e femmine con cui l’associazione Aisha collabora da molto tempo. Il proprietario e direttore della scuola, Mohammed e suo figlio che lo aiuta si fanno pagare i corsi dai privati che vogliono imparare il mestiere ma non dalle associazioni come Aisha. Il corso è di 72 ore e gli studenti imparano sia a fare la barba che a tagliare i capelli, tingerli, fare la permanente ecc ecc tutte le tecniche per la cura di barba, baffi e capelli di maschi e femmine. Il luogo dove si svolge il corso è grande e ben attrezzato e pare che alla fine del corso per gli studenti bravi non sia difficile trovare lavoro.
Andiamo poi a visitare una scuola di fotografia per maschi e femmine, ma in cui Aisha manda solo femmine. Finalmente alle bambine non si insegna solo a ricamare o a fare le parrucchiere ma anche a diventare fotografe. Il corso è di 120 ore (2 ore per 3 giorni alla settimana per 4 mesi) e viene insegnato tutto sui telefoni cellulari perché molti studenti non hanno una macchina fotografica e un computer a casa. La direttrice ci fa vedere delle foto fatte dalle studentesse che sono veramente belle e tecnicamente sofisticate.
Anche questa volta ci rallegriamo della scelta sia dei bambini adottati che constatiamo essere veramente bisognosi di aiuto, e di come vengono svolti i progetti. A Gaza ci sono tante associazioni che fanno un ottimo lavoro. La cosa meravigliosa è il clima che si respira fra la gente che malgrado tutto è allegra e piena di vita. Certo una parte di chi può se ne va o almeno manda fuori i propri figli e siccome chi può è in genere gente che ha studiato, che parla lingue straniere ecc questo è un grosso danno per la Striscia che perde continuamente una parte della sua gente migliore.
E come sempre dopo le nostre visite a Gaza, diciamo che soprattutto i bambini di Gaza hanno bisogno del nostro/vostro aiuto e che le adozioni li aiutano moltissimo. QUINDI AIUTIAMO GAZZELLA AD ADOTTARE I BAMBINI DI GAZA.
Contente di essere finalmente riuscite a tornare a Gaza a trovare i nostri bambini adottati affrontiamo l’ultima tappa veramente sgradevole in cui sembra quasi che per dispetto gli israeliani buttino per aria tutto ciò che c’è nella valigia e abbaiando in ebraico ti strillano perché hai fatto qualche errore, con Abdallah torniamo a Gerusalemme dal nostro gentile ospite Roberto e il giorno dopo torniamo a Roma.
S. e G.