In memoria di Margherita Hack
Era la primavera del 2009 quando a Verona, durante un’iniziativa pubblica, ho incontrato Margherita Hack.
Come sempre era accompagnata dal marito Aldo, attento e premuroso. Alla fine dell’incontro ci siamo intrattenuti con lei e altri compagni; io ero rientrata da poco dalla Palestina con ancora negli occhi e nel cuore la sofferenza dei bambini feriti e della popolazione civile che stava cercando di risollevarsi dall’aggressione israeliana “operazione piombo fuso”. Il compagno Graziano mi chiede di parlare con Margherita della mia esperienza e del progetto Gazzella, perché mi dice “Margherita è attenta a tutte le situazioni di sofferenza e alle violazioni dei diritti umani”. Così tra una parola e l’altra, in una discussione che poco aveva a che vedere con la questione palestinese, porto all’attenzione di Margherita la sofferenza dei bambini palestinesi feriti duranti gli attacchi israeliani. Le parlo della progettualità, dell’attività di Gazzella, volta non solo ad aiutare i bambini feriti, ma anche a sostenere e stare a fianco, con vari interventi sia in campo sanitario che sociale, alla popolazione della Striscia di Gaza che vive sotto assedio. In quel periodo la nostra Associazione stava pensando di realizzare la pubblicazione di un album di foto di bambini feriti, immagini raccolte durante la nostra attività. Chiesi a Margherita di dare un suo contributo. Ci lasciammo così, con l’impegno che le avrei inviato un testo da condividere, testo che è diventato la presentazione della pubblicazione “I Bambini di Gaza”:
“Le ragioni di questa pubblicazioni sono molteplici, ma principalmente si vuole dare un contributo nella denuncia delle atrocita’ commesse sui bambini e le bambine palestinesi, nel corso delle aggressioni militari israeliani in Cisgiordania e nella striscia di Gaza, non ultima quella denominata “piombo fuso”.
Per affrontare la questione Palestinese non si puo’ utilizzare l’espressione “ conflitto israelo-palestinese “, così come abitualmente viene fatto dai commentatori occidentali e dai giornali, perche’ significa stravolgere e mistificare la natura vera di quello che sta accadendo nei territori occupati della Cisgiordania e nella striscia di Gaza. Quell’espressione fa pensare a una simmetria, a due eserciti che si misurano in sostanziale parità, a una uguaglianza di ruoli e di responsabilità: la pace che non arriva perché gli estremisti di entrambe le parti non sono disponibili.
Anche la storia così come viene rappresentata, è equivoca: nei fatti le guerre del ‘48 e del ‘67, altro non sono state che guerre di occupazione risoltesi con l’annientamento della struttura sociale e civile del popolo palestinese, con l’occupazione militare dei territori, con la distruzione di centinaia di comunità e dei loro villaggi, con l’espulsione dai loro territori di migliaia di palestinesi e la loro riduzione a profughi senza cittadinanza e diritti.
Quello che non è stato compiuto allora viene completato oggi con l’annessione violenta di Gerusalemme, con l’estensione delle colonie abusive, con l’appropriazione dei territori più fertili, delle sorgenti d’acqua.
Non esiste nell’epoca moderna una vicenda coloniale così violenta e di così lunga durata, nel sostanziale silenzio e con la complicità del mondo occidentale .
Quando nell’estate del 2005 vennero ritirati dalla striscia di Gaza i 18.000 militari a protezione di qualche migliaio di coloni che occupavano il 48% del territorio palestinese, si parlò di “liberazione” della striscia di Gaza a scopo umanitario; le motivazioni reali, invece, erano i costi militari e politici per una occupazione che non dava reali vantaggi.
Stupì allora l’appoggio incondizionato dell’ONU e dell’Europa e dei settori “meno accorti” del pacifismo; il ritiro israeliano dalla striscia di Gaza, infatti, ha permesso allo stato di Israele di sottomettere totalmente la popolazione con le chiusure dei valichi di Erez e Rafah, con il controllo via mare e via cielo, negando i rifornimenti umanitari, alimentari, energetici e sanitari.
Inoltre la punizione collettiva nei confronti del popolo Palestinese si è progressivamente acuita dopo la vittoria di Hamas alle elezioni politiche del 2006 e si è trasformata in un spietato controllo e intervento militare in cui l’esercito israeliano sta sperimentando modalità di intervento “ innovative ed efficaci” sulla popolazione civile.
I bambini sono le prime vittime esposte alle vili aggressioni israeliane: vengono colpiti mentre giocano per strada, mentre vanno a scuola. Colpire con la volontà di uccidere, di deformarne i corpi, di causare amputazioni fisiche, di cancellare la loro vita.
Con questa pubblicazione si vuole far conoscere l’ urgenza e il bisogno di interventi immediati sia per la cura delle ferite riportate, che per la prevenzione.
Molti bambini vittime delle operazioni militari israeliane, hanno bisogno di assistenza sanitaria considerando che è anche possibile che debbano affrontare aggravamenti non necessariamente ben descritti dalla consueta pratica medica.
Si vuole insomma responsabilizzare e sensibilizzare la società civile attraverso la documentazione delle vittime, delle armi utilizzate con un lavoro di analisi e ricerca al fine di far emergere le prove di un “probabile utilizzo” da parte di Israele di armi non convenzionali contro i Palestinesi, che nell’operazione “Piombo Fuso” a Gaza ,27 dicembre 2008 – 18 gennaio 2009, ha causato la morte di 1.500 civili e il ferimento di altri 5.000.
Questo album per non lasciare che moratorie, operazioni di silenzio e di complicità medianiche e politiche uccidano ancora i volta i bambini e le bambine Palestinesi, perche’ si indaghi sulle violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale.”
Margherita Hack
Astrofisica – Università di Trieste
Grazie Margherita!
g.