Storia di Murad e di Fadi, uccisi a 14 e 10 anni. Marisa Musu per il Manifesto.
Testimonianza del gruppo di volontari i taliani «Gazzella» che aiutano i bambini palestinesi feriti nell’Intifada
Sono 230 i bambini palestinesi (Ciusgiordania, foto Giuseppe Moneta) uccisi dall’esercito israeliano dal 28 settembre 2000 e decine di migliaia quelli feriti
Agnese e Letizia sono appena scese dall’aereo a Fiumicino dove noi della rete di Gazzella siamo andati numerosi ad accoglierle. Siamo venuti a festeggiarle per l’esito della loro impresa: hanno fatto da sole il lavoro che avevamo progettato dovesse esser fatto da un’équipe di sette volontari, impossibilitati a raggiungerle per i vari blocchi israeliani (Agnese e Letizia hanno visitato in meno di dieci giorni, grazia anche al disinteressato e efficientissimo aiuto del Palestinian Medical Relief ben 323 famiglie palestinesi portando la nostra solidarietà e consegnando a ciascuna il denaro inviato dagli «adottanti» italiani). Facciamo appena in tempo a stendere lo striscione di «Palestina libera» che da Carrara hanno portato compagni di Letizia, a consegnare i mazzi di fiori, a stringere i primi abbracci e a fare le prime domande: «Li abbiamo incontrati tutti. Abbiamo parlato con tutti, fatto le foto. Ma due sono stati uccisi». Passa subito l’allegria, si gela l’euforia per un’impresa riuscita pur fra tante difficoltà. Di Murad e di Fadi non ci saranno le foto: non c’è stato il tempo per scattargliele. Nelle ultime liste che erano arrivate a Gazzella c’erano i loro nominativi completi, l’età, rispettivamente 14 e 10 anni, le località dei campi dove vivevano, Rafah e Khan Younis, ma non le foto. C’è un accordo fra noi e la Ong palestinese con la quale lavoriamo per assistere i bambini palestinesi feriti nella Striscia di Gaza, il Palestinian Medical Relief: loro ci mandano le liste dei bambini feriti e noi, appena la situazione lo permette, raggiungiamo Gaza e andiamo, famiglia per famiglia, a casa dei bambini, parliamo con loro e con i loro genitori per portargli la solidarietà e il piccolo aiuto economico che la famiglia (o singole persone, gruppi di ufficio, di fabbrica, di quartiere, le classi, ecc.) che li ha adottati a distanza gli manda. In queste occasioni chiediamo anche il permesso di fare qualche fotografia al bambino, per poterla mandare poi agli «adottanti», che sono felici di riceverla.
Stavolta però ci troviamo, per la prima volta dalla creazione di Gazzella (due anni e mezzo fa), davanti alla morte di due bambini adottati. Non abbiamo fatto a tempo a conoscerli: ad Adriana e Dario R. di Monza e a Cecilia S. di Roma che li avevano adottati da poco e che aspettavano notizie e foto, rimarranno solo due nomi, Murad e Fadi. Sappiamo poco di loro. Murad aveva 14 anni ed era stato ferito gravemente alla testa, ce lo avevano segnalato i sanitari di Rafah che speravano si salvasse. Ma non ce l’ha fatta ed è morto dopo un mese di ospedale. Fadi aveva 10 anni e la sua segnalazione ci era arrivata due mesi fa: era stato ferito all’anca e avrebbe dovuto fare molta fisioterapia per tornare a camminare. Viveva coi suoi nel campo profughi di Khan Younis. La sua casa era stata distrutta da un bombardamento israeliano e la famiglia si era rifugiata in un alloggio di fortuna: durante un nuovo bombardamento l’abitazione è andata a fuoco e i genitori e Fadi sono morti nel rogo. Si è salvato solo un fratellino, forse accolto da parenti e del quale non siamo riusciti a trovare le tracce.
Letizia riparte immediatamente per Carrara e Agnese, ormai sapiente veterana delle imprese di Gazzella, ci riassume le sue impressioni. Controlli all’entrata in Israele incomparabilmente più lunghi e stressanti di un anno fa: bisogna avere nervi saldi e molta pazienza (ma spesso non bastano, perché, pochi giorni dopo il passaggio di Agnese e Letizia, nonostante le credenziali e l’intervento, in questo caso pronto ed efficiente, dell’ambasciata italiana, due nostri volontari sono stati rimandati indietro dopo 12 ore di fermo all’aeroporto Ben Gurion).
Nei campi profughi si notano a prima vista le distruzioni e le rovine causate dalle recenti incursioni israeliane e così pure nelle campagne. Nelle famiglie ci sono più paura, delusione, sconforto di alcuni mesi fa ma sono aumentate anche la rabbia e la volontà di conquistare libertà e pace. C’è molta sfiducia nell’Europa ed è diffusissima la convinzione che ormai nessun Paese sia interessato a battersi per la giusta causa dei palestinesi. I bambini dei campi, che adesso sono in vacanza, continuano a scorrazzare allegri e chiassosi per i viottoli e le spianate sabbiose e polverose, ma Agnese è rimasta colpita dall’aumento di quelli che sono stati feriti. 230 sono i ragazzi e i bambini uccisi finora durante l’Intifada, il numero dei feriti superava i duemila qualche mese fa, ma i numeri, pur tragici, non rispecchiano il dramma di quest’infanzia senza più sogni. Ben venga «Gazzella» con le sue Agnesi, Letizie e le iniziative di volontarie e di volontari che con rischi e fatiche portano in Palestina segni di solidarietà e di amicizia in nome di una volontà di pace per una terra finalmente libera, ma bisogna che si moltiplichino e costringano governi e forze politiche a intervenire con decisione ed efficacia.