rapporto di viaggio a Gaza – dicembre 2013

Pubblicato il 11 gennaio 2014 da Gazzella
 

Alla fine di novembre e durante tutto dicembre 2013 tre volontarie di Gazzella sono state a Gaza alternandosi per un periodo di 32 giorni, riuscendo così a visitare quasi tutti i bambini e i ragazzi adottati nei tre programmi di Gazzella: i bambini feriti in collaborazione con il PMRS; i bambini cerebrolesi in collaborazione con Hanan; i bambini sordomuti in collaborazione con Emaar. Di seguito le relazioni di viaggio.

1. Relazione del viaggio a Gaza, fine novembre – primi di dicembre 2013 (di S. e U.)

Cari amici

scrivo questo resoconto di ritorno dalla striscia di Gaza dove sono andata assieme a un’amica di Gazzella, a visitare i bambini del progetto e a incontrare le rappresentanti di una associazione di donne, Aisha (Association for Women and Child Protection).

Con le donne di Aisha e con la sezione italiana della associazione WILPF (Women International League for Peace and Freedom) abbiamo scritto un progetto che è stato presentato e finanziato dall’8 per 1000 della Chiesa Valdese a cui ha dato un contributo anche Gazzella. Il progetto: Per una vita senza violenza, si occupa di donne che hanno subito violenza in famiglia. Un pulmino le prende la mattina nelle loro case che sono in genere nei campi e quindi nelle zone piu’ povere della striscia e le porta nella sede di Aisha nella città di Gaza dove nei laboratori seguono corsi di addestramento a diverse professioni: cucito, maglia, ricamo, fotografia, parrucchiere, ecc. Alla fine di un anno di corso in cui le allieve ricevono anche lezioni elementari di economia e finanza, le donne vengono incoraggiate ad aprire una piccola attività in proprio e vengono seguite e consigliate per qualche mese. La sede di Aisha è un luogo che ci è molto piaciuto, pieno di donne di tutte le età, allegre e laboriose. C’è l’avvocata che da’ consigli legali e aiuta a risolvere problemi di ogni genere, una giovane donna che parla in ottimo inglese con i rappresentanti di una ONG nordica, bambini piccolissimi delle donne che lavorano li’; nelle classi si svolgono lezioni teoriche partecipatissime e nei laboratori ferve il lavoro pratico.

Durante il soggiorno a Gaza abbiamo fatto anche qualche giro e qualche incontro per conoscere meglio la realtà del luogo. Abbiamo visitato l’YMCA. I cristiani a Gaza sono solo 1600 o pochi di più, ma la sede dell’YMCA che è molto grande è frequentata da tutti. Ha campi sportivi e sale per attività varie ed è uno dei pochi posti dove ragazzi di ogni eta’ e religione possono con pochissimi soldi fare attività sportive o anche solo riunirsi per discutere, cantare o ballare e mangiare insieme. Il governo di Hamas li lascia fare perché, dicono loro, ha paura di fare mosse che possono avere ripercussioni internazionali dati i legami che l’YMCA ha in tutto il mondo. Molti locali infatti che vengono aperti per permettere ai giovani di incontrarsi, vengono con scuse varie chiusi appena diventano un centro di aggregazione e di svago e invece l’YMCA non è mai stato toccato.

La situazione di Gaza è peggiorata notevolmente nell’ultimo anno, anche se un anno fa non si credeva fosse possibile che le condizioni di vita potessero ulteriormente peggiorare. Il problema principale è quello della mancanza di carburante dovuto alla chiusura dei tunnel che collegavano Gaza all’Egitto e che ha anche causato la perdita di lavoro a più di 500 persone ed ha quindi reso miserabili altre 500 famiglie. Il prezzo del carburante che ora Gaza può comperare solo da Israele è aumentato di più di 6 volte. Il risultato è che la corrente viene erogata per un massimo di 6 ore ogni 24 ma spesso per minor tempo e in maniera non continuativa e totalmente inaspettata. Molti palazzi e negozi che fino a che si comprava il carburante dall’Egitto possedevano e utilizzavano un generatore, ora non possono più usarlo e al calar del sole la città di Gaza diventa completamente buia. Fuori dalla città e nei campi la situazione è molto peggiore e tragica perchè non esistono organizzazioni internazionali con generatori privati.

Gli ultimi giorni che siamo state nella striscia la temperatura è scesa di molti gradi e la pioggia è stata incessante e con un forte vento. L’ultimo giorno abbiamo visitato al Beach camp (al-Shati’), che è contiguo alla città di Gaza, lungo il mare, una famiglia con almeno 12 bambini, tutti a piedi nudi. La casa e’ quasi nuova ma senza finestre. Faceva molto freddo e dalle aperture delle finestre entrava acqua gelida. Mi hanno spiegato che la casa è stata costruita dall’UNWRA, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, ma che i soldi sono finiti prima di fare le finestre perché con la chiusura dei tunnel il poco materiale che entra da Israele è carissimo.

La disoccupazione è aumentata ancora, gli ospedali sono ancora più in difficoltà, i mezzi di trasporto sono più cari e quindi è più complicato muoversi, trasportare chi ha bisogno di cure mediche e di fisioterapia o comunque di spostarsi. Gli israeliani continuano a colpire le barche dei pescatori e vicino al confine con Israele, i contadini che lavorano la loro terra che è per loro l’unica fonte di sussistenza.

Di tutti i bambini adottati da Gazzella che abbiamo visitato ci siamo dette meno male che aiutiamo questa famiglia. Non abbiamo avuto dubbi su nessuno. Tutti i bambini adottati fanno parte di famiglie molto povere e numerose, spesso sono molto malati, spesso hanno un altro o più fratelli con gravi problemi. Le donne, come ogni volta che si viene in Palestina, ci appaiono straordinarie, reggono in piedi tutto il possibile e anche di più e quando parlano le mamme o le nonne dicono quasi sempre cose interessanti e per noi illuminanti. Quasi tutte ci hanno ringraziato così calorosamente che veramente ci siamo rese conto più delle altre volte di quanto sia importante quello che facciamo che è reso possibile solo dalla generosità delle persone che decidono di adottare un bambino palestinese. Bisogna assolutamente fare in modo di continuare e possibilmente di aumentare il numero delle adozioni.

Fa impressione in tutta la Palestina e certo anche a Gaza come la gente in generale, nonostante la situazione, sia allegra. Non solo i ragazzini giocano felici e per la prima volta ho visto tanti ragazzini che facevano surf, ma gli adulti appena possono scherzano e ridono e le donne in particolare quando sono in più di una chiaccherano animatamente e si fanno un sacco di risate.

Abbiamo partecipato a una festa di tutti i gruppi laici di donne che lavorano con donne e con bambini. Eravamo centinaia di persone nei locali dell’YMCA. C’erano musica, balli e canti di qualità notevole, un maftul meraviglioso per tutti e discorsi brevi. Quasi tutte le donne avevano la testa coperta in modi diversi, ma alcune no, sia giovani che vecchie. Tutte erano allegre e molto socievoli. E’ stata una serata molto piacevole sia per loro che per noi.

Abbiamo assistito alla celebrazione del 46esimo anniversario della costituzione del FPLP, il fronte popolare per la liberazione della Palestina. In una enorme spianata affollatissima e piena di bandiere rosse sventolanti, ci ha fatto molto piacere che il leader del partito, Jamil Al Majdalawi, ha detto insistentemente che per vincere i palestinesi devono essere tutti uniti. Ha anche attaccato pesantemente Hamas in presenza di suoi rappresentanti autorevoli invitati seduti in prima fila, accusandoli di non risolvere i veri problemi dei palestinesi e per la mancanza di libertà per i cittadini di Gaza da quando governa. Ha concluso con un appello all’Egitto perchè valuti la situazione dei palestinesi di Gaza.

Siamo arrivate a Erez per uscire da Gaza sotto una grandinata fortissima. Naturalmente il bagaglio è stato esaminato buttando per aria tutto. Credo che la cosa sia fatta più per intimidire che per cercare qualcosa che possa mettere a rischio la sicurezza di Israele. Il controllo del passaporto è stato invece non traumatico, perché fatto da una giovane in divisa che sembrava veramente curiosa di sapere cosa può andare a fare un’italiana in un luogo come Gaza.

Una delle volontarie di Gazzella è partita aluni giorni prima di me, mentre l’altra è rimasta alcuni giorni dopo.

Il viaggio verso Gerusalemme è stato un’avventura perché bloccato circa 20 Km prima dell’arrivo da una tempesta di neve che aveva bloccato tutte le strade di accesso. Dopo ore di giri, siamo arrivati a Ramla dove sono stata abbandonata al mio destino dal tassista israeliano che se ne è tornato a casa a Ashkelon. Per fortuna ho trovato un trenino che dopo mezz’ora passata al gelo mi ha portata a Gerusalemme dove dopo poche ore è mancata la corrente elettrica e quindi luce e riscaldamento per più di 24 ore e tutto si è completamente paralizzato.

Gerusalemme sotto un coltre di neve è bella e suggestiva, ma la situazione dei palestinesi poveri della Cisgiordania è drammatica. Intanto arrivano notizie da Gaza completamente allagata e sempre più allo stremo che verranno raccontate in dettaglio dall’altra rappresentante di Gazzella che si trova ancora la’.

E per concludere, trasmettiamo il calorosissimo ringraziamento delle famiglie di Gaza che ricevono l’aiuto di Gazzella agli adottanti italiani con la speranza che questo aiuto spesso fondamentale per la sopravvivenza di una numerosa famiglia possa aumentare in questo momento così tragico.

S. (e U).

2. Relazione del viaggio a Gaza, dicembre 2013 (di G.)

Sono arrivata nella striscia di Gaza, il 9 dicembre 2013, quando già si annunciava l’arrivo del maltempo, l’elettricità veniva fornita per sole 6 ore al giorno e il gasolio scarseggiava. Il ministero della salute dell’autorità locale aveva diramato un comunicato di pre-allerta dando indicazione alle O.N.G. sanitarie palestinesi, presenti sul territorio, di tenere aperti i centri clinici per le emergenze. Tra questi anche il Medical Relief che si è attivato per la reperibilità del personale, mentre il Mministero dell’istruzione dichiarava la chiusura di tutte le scuole di ordine e grado per 4 giorni. Da mercoledì, 11 dicembre, la bufera si è abbattuta su Gaza: forte vento, grandine, pioggia incessante e più di 1.600.000 palestinesi si sono trovati a dover fronteggiare una calamità di cui il governo di Gaza non aveva i mezzi sufficienti per dare adeguata risposta. Strade e case allagate con acqua anche fino a un metro. In tante località della striscia di Gaza c’è stato un blakout di elettricità durato 4 giorni, con disagi indescrivibili di intere famiglie al freddo, senza poter cucinare o lavarsi. Più di 20.000 persone sono state evacuate in scuole pubbliche e intere famiglie sono state costrette a trasferirsi presso parenti. Le strade completamente deserte, allagate con scarichi che rigettavano acqua dal sistema fognario per la mancanza di elettricità che impediva il funzionamento degli impianti di pompaggio delle acque reflue.

In quei giorni ho visitato, non con poca fatica, il villaggio di beduini di Beit Hanun dove la gente, che già vive in misere condizioni in baracche di lamiera, è stata messa a dura prova; il centro di raccolta rifiuti di Beit Lahya era un lago di immondizia maleodorante disperso in una vasta area anche abitata. Nella area centrale della striscia, Deir Balah e più a sud Khan Younis, i campi e le case sommerse dall’acqua, non solo piovana, ma soprattutto dall’acqua del fiume che attraversa il centro abitato di Beersheva. Infatti l’autorità israeliana aveva pensato bene di deviare il fiume, aprendo le chiuse, per evitare inondazioni nei centri abitati dagli israeliani. Non solo il governo israeliano non adempie ai “doveri” di stato occupante, ma coglie qualsiasi occasione per punire la popolazione palestinese e peggiorarne le condizioni di vita quotidiana.

Il maltempo ha causato gravi danni, tuttavia non possiamo limitarci a dire che la catastrofe, con famiglie che hanno perso tutto, danni all’ambiente e alle infrastrutture, sia imputabile solo al maltempo o alla incapacità dell’autorità di Gaza di dare risposte in una grave situazione di emergenza. La causa principale è l’occupazione israeliana e lo stato di assedio a cui è sottoposta la striscia di Gaza con limitazione e preclusione all’importazione di qualsiasi materiale e attrezzature (sanitari, educativi, alimentari, per la costruzione). Il border di Kerem Shalom è stato riaperto dopo lunghe chiusure, per far transitare 500 mila litri di carburante. Questo rifornimento, che potrà dare sollievo per circa 3 mesi alla popolazione di Gaza, è stato sostenuto economicamente dal Qatar che si è offerto di pagare le tasse di importazione, spesa che altrimenti il governo di Gaza non avrebbe potuto sostenere. La crisi si fa sentire anche per la chiusura a Rafah di più di 1.000 tunnel, condizione questa che ha bloccato la fornitura di beni di consumo portando al collasso la popolazione di Gaza, ma ha determinato anche altre gravi situazioni. Tutti i materiali importati, infatti, erano sottoposti ad una tassa e con il ricavato il governo della striscia di Gaza, Hamas, faceva fronte anche al pagamento dei salari dei suoi circa 50 mila dipendenti pubblici. Dallo scorso mese di settembre questi lavoratori ricevono il 50% del salario che mediamente è di 700 dollari al mese, mentre i dipendenti pubblici che lavorano a Gaza, e afferiscono all’autorità di Ramallah, percepiscono lo stipendio grazie al contributo economico dell’unione europea . Parlando con i lavoratori del governo locale di alcuni settori pubblici, medici, insegnanti, questi hanno dichiarato che sono disposti a fare sacrifici per il paese, ma quando si lavora a fianco di un collega che percepisce lo stipendio solo perché afferisce ad altra autorità, la situazione diventa difficile da comprendere. Questa diversità di trattamento ha determinato forti tensioni e divisioni interne.

Durante la mia permanenza a Gaza i pescatori hanno organizzato 3 giorni di attività, presso il porto di Gaza. Hanno voluto denunciare le conseguenze dell’assedio israeliano rivendicando il diritto di poter navigare liberamente e lavorare. Negli ultimi 4 anni la marina israeliana ha ucciso 2 pescatori, ne ha ferito 24 e ne ha arrestato più di 100. Notevoli anche i danni a tante imbarcazioni.

Dopo quattro giorni di maltempo ho potuto organizzare gli incontri con i nostri bambini feriti che afferiscono al Medical Relief e i bambini portatori di handicap seguiti dall’associazione Hanan. Alcune famiglie mi hanno raccontato che sono state costrette ad evacuare la casa e trovare sistemazione presso strutture pubbliche, scuole, o presso parenti. Mi hanno parlato delle difficoltà di quei giorni: la fornitura dell’acqua irregolare, la mancanza di elettricità per più giorni, molti generatori inutilizzabili perché danneggiati o per mancanza di gasolio. Alcune case dei nostri bambini sono state danneggiate dal vento e grandine che hanno causato rotture di vetri e nei casi peggiori scoperchiati i tetti. Altre famiglie, mi hanno raccontato di essere rimaste isolate in casa a causa dell’acqua e sono state soccorse dal servizio di difesa civile che si è avvalso anche delle barche messe a disposizione dai pescatori.

Da parte delle famiglie che ho incontrato è stato espresso il ringraziamento per le attività di Gazzella sottolineando come il supporto economico e le nostre visite rappresentino una forma di sostegno reale e concreta.

Il sole è tornato sulla striscia di Gaza dopo 5 giorni di bufera, ma in alcune località la popolazione resta sommersa da acqua sporca ed è ancora al freddo.

Dopo questa catastrofe, senza azioni determinate, la vita quotidiana dei palestinesi di Gaza sarà drammaticamente peggiore di quanto già non sia. L’assedio deve finire, devono essere restituiti dignità e diritti a partire dalla libertà di movimento delle cose e delle persone, per non lasciare che l’aiuto umanitario faccia da ponte al colonialismo.

G.

22 DICEMBRE 2013

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