Dalla volontaria di Gazzella a Gaza – 14 agosto 2014
Gaza, notte 13-14 agosto 2014
Oggi ero partita presto per andare a visitare gli ospedali della zona centrale della striscia di Gaza, Deir El Balah, El Burej. Doveva essere una giornata per monitorare gli ospedali colpiti dai bombardamenti israeliani e raccogliere informazioni sulle loro condizioni dopo 35 giorni di attacchi. Caldo e umido mi hanno accompagnato per l’intera giornata. Nel primo pomeriggio ricevo una telefonata da un fotografo presente a Gaza che mi chiede di contattare il Consolato italiano per comunicare che a Beit Lahiya è morto un video-giornalista italiano, Simone Camilli. Dal quel momento è stato un incrocio di telefonate con il Consolato italiano a Gerusalemme, il direttore dell’ospedale El Karam di Beit Lahiya, il ministro della salute di Gaza e altre persone che lavorano in ambito sanitario. I colleghi che mi accompagnavano nella visita agli ospedali hanno espresso dolore per la morte di Simone e per il traduttore palestinese che lo accompagnava. Da una prima ricostruzione dei fatti risulta che Simone stesse riprendendo il lavoro di tre ingegneri della difesa civile di Gaza, anch’essi deceduti, nell’attività di rendere inoffensivo materiale bellico inesploso.
Le telefonate non hanno sortito un grande risultato e decido quindi di andare direttamente all’ospedale El karem di Beit Lahiya e nella sala mortuaria vedo per la prima volta Simone. Il pensiero va alla famiglia e alle persone che Simona ama. Dal Consolato mi dicono che i parenti di Simone stanno arrivando in Palestina e già domani vorrebbero riportarlo a casa; il tempo è poco ma deve essere fatto il possibile . Nell’ufficio del direttore dell’ospedale chiedo la documentazione da inviare al Consolato per il coordinamento con la Croce Rossa Internazionale per il passaggio del valico di Erez, mentre i medici stanno preparando Simone per lo spostamento allo Shifa Hospital. Alle 19.30 circa parto in ambulanza con Simone alla volta dello Shifa Hospital per ulteriori adempimenti. Vedo Simone alle 21.30 con gli abiti che frettolosamente avevo acquistato. Domani mattina Simone partirà alla volta di Erez per Gerusalemme e poi per il suo ritorno a casa. È stata una giornata piena di tensione, di dolore con il pensiero alla sua famiglia.
Video-giornalisti e fotografi sono soggetti il cui status troppo spesso non viene rispettato e non ci sono mai punizioni per i loro assassini. Simone non ha trovato la morte a causa di un cecchino o di un bombardamento, è morto mentre raccoglieva una testimonianza: la pericolosità degli ordigni inesplosi, come la bomba lanciata da un F16 israeliano che era rimasta sul terreno.
Più di un centinaio di bombe inesplose sono rimaste sul terreno della Striscia di Gaza dopo l’ultima aggressione. A Gaza non ci sono né fondi, né equipaggiamenti né una conoscenza aggiornata sulle nuove tipologie di bombe e il loro disinnesco. Le bombe inesplose sono una minaccia per un’altra ondata di uccisioni e menomazioni nel territorio di Gaza già devastato. Tra l’altro la striscia di Gaza è tra le aree più densamente popolate al mondo – con oltre 1.800.000 persone in una striscia di terra di appena 40 chilometri di lunghezza e 7 di larghezza e questo determina un rischio particolarmente alto che gli ordigni inesplosi continueranno a uccidere.
È quanto accaduto oggi al nostro Simone.
g.b.
Un’altra morte di un testimone delle atrocità che si sono svolte e che si stanno svolgendo tuttora a Gaza. Nessuna parola di cordoglio può avere senso ora, men che meno quelle fasulle e di circostanza delle nostre istituzioni. Grande onore a chi come Simone ha perso la vita per testimoniare e denunciare ciò che succede a Gaza….e sono già troppi…veramente troppi i morti per non urlare BASTA!! E invece tutto procede come sempre fino alla prossima morte, e alla prossima ancora e ancora e ancora….