Relazione del viaggio di Gazzella a Gaza – Agosto 2017
Relazione del viaggio nella striscia di Gaza – Agosto 2017
Torno in Palestina dopo una lunga attesa del permesso entrata nella striscia di Gaza. Il Consolato italiano di Gerusalemme “sconsiglia”, per ragioni di sicurezza, l’entrata a Gaza e pertanto le richieste di coordinamento per l’accesso non vengono sottoposte all’autorità israeliana, autorità che decide sugli ingressi sia in Israele che nella Striscia . La situazione si è sbloccata con la definizione, da parte del Consolato, di un documento di raccomandazioni, simile alle procedure adottate dalle Nazioni Unite, circa il comportamento da tenere durante la permanenza nella striscia di Gaza.
Dopo aver passato il controllo ad Erez e questa volta oltre che quello del passaporto viene effettuato anche quello personale e del bagaglio, cosa che prima non avveniva, arrivo nella striscia di Gaza e ad attendermi c’è l’impiegato del Medical Relief con il permesso da presentare al posto di controllo dell’autorità di Gaza.
Nei miei precedenti rapporti di viaggio nella striscia di Gaza avevo scritto della mancanza di elettricità, 8/6 ore al giorno, dell’inquinamento dell’acqua del mare, della contaminazione delle falde, della povertà/disoccupazione, della mancanza di farmaci per cura e prevenzione… Oggi Il perdurare dell’assedio e l’immobilità delle politiche internazionali in primis europee, hanno aggravato la situazione.
Dal 2006 Gaza è in carenza cronica di elettricità, da quando Israele ha imposto un blocco economico che ha riguardato anche l’importazione di carburante. Inoltre, dopo 4 aggressioni militari, buona parte delle infrastrutture sono andate distrutte o danneggiate. Negli ultimi mesi, Israele ha ridotto gradualmente la fornitura di elettricità e l’Autorità nazionale palestinese (A.N.P.) ha tagliato i fondi per il pagamento dell’elettricità a Israele. Anche l’Egitto aveva chiuso i rifornimenti, ma a seguito di un accordo raggiunto con l’autorità di Gaza, ha inviato nelle scorse settimane milioni di litri di carburante, tuttavia non ancora sufficienti al fabbisogno quotidiano. Oggi la popolazione vive con 2/4 ore di elettricità al giorno.
I danni per la mancanza di elettricità sono una catastrofe: resta difficile e complesso l’approvvigionamento idrico considerando la già drammatica emergenza idrica della striscia di Gaza in cui il 96% dell’acqua non è potabile. Il blocco della centrale di trattamento delle acque reflue che unitamente a un insufficiente e inadeguato sistema fognario sono la causa della presenza di liquami non trattati che stanno inquinando anche le acque del Mediterraneo. Per questo l’autorità locale di Gaza ha vietato la balneazione, divieto che non è del tutto rispettato perché per i palestinesi di Gaza, in particolare i bambini, andare in spiaggia, fare il bagno è una delle poche possibilità di svago e di incontro. Sulle spiagge di Gaza si vedono avvisi affissi dall’autorità locale: “Pericolo di balneazione e pesca. È vietato pescare e nuotare. I trasgressori saranno sanzionati”. Ma i divieti non sono sufficienti e in tanti, soprattutto bambini, si tuffano in mare. Allo Shifa Hospital si è registrata l’emergenza per ricoveri causati da disturbi intestinali (vomito, diarrea), febbre alta e pruriti diffusi sul corpo, chiara conseguenza di un inquinamento ambientale diffuso.
Inquinamento del mare, della sabbia e dell’aria; aria che in alcuni punti della costa è irrespirabile, mentre i pescatori temono ripercussioni sulla qualità dei prodotti ittici. Anche Israele sta facendo i conti con l’assedio che ha imposto su Gaza: l’inquinamento del mare ha infatti costretto le autorità israeliane a chiudere le spiagge nel sud di Israele, Ashkelon, dopo che è stata rilevata in acqua contaminazione dovuta ai liquami non trattati provenienti dalla vicina striscia di Gaza.
Nelle famiglie dei bambini che ho incontrato la mancanza di elettricità viene compensata, come per la maggior parte dei palestinesi, con candele o batterie. Chi può permetterselo ha a disposizione una batteria con un’autonomia di 4 ore, costo 100 Nis (circa 25 euro), o batteria per 8/10 ore, costo 250 Nis (circa 60 euro). Il generatore è un bene per pochi perché troppo costoso sia nell’acquisto che nel funzionamento. C’è molta preoccupazione per il corretto mantenimento e conservazione del cibo che, con il caldo, è facilmente deteriorabile.
La situazione della sanità nella Striscia di Gaza è al collasso. Israele blocca o ritarda l’entrata di farmaci nella striscia e in aggiunta negli ultimi mesi l’A.N.P. ha interrotto il rifornimento di medicine e ha tagliato il finanziamento al settore sanitario. La situazione, come riferisce il Ministero della salute di Gaza è molto critica; si parla dell’esaurimento di 270 tipi di prodotti medici e 170 farmaci stanno per esaurire. Negli ospedali quotidianamente si fanno i conti con attrezzature inadeguate e obsolete e la mancanza di protesi e dispositivi per effettuare interventi chirurgici. L’autorità saanitaria di Gaza ha dichiarato che ci sono più di 2500 pazienti che attendono l’autorizzazione per uscire dalla striscia di Gaza per necessità di cure immediate e per centinaia di malati è a rischio la vita. Il blocco degli spostamenti è causato dall’assedio imposto da Israele, ma non solo; recentemente più di 1.500 richieste di autorizzazione, per spostamenti di malati negli ospedali della Cisgiordania sono state respinte, senza ragione, dal Ministero della salute di Ramallah. Negli ultimi due mesi si sono registrati decessi, fra cui 14 bambini, a causa della mancata assistenza e possibilità di spostamenti. Negli ospedali la mancanza di elettricità viene sostituita con generatori e pannelli solari, ma le condizioni generali restano di emergenza.
L’assedio e le restrizioni israeliane sull’invio di materiali da costruzione hanno rallentato la ricostruzione. Circa 40.000 persone vivono ancora in rifugi temporanei e al di sotto dello standard di abitabilità. Pare invece non risentire della crisi lo sviluppo commerciale: in Gaza, con stupore, si vedono nuovi alberghi, lussuosi e costosi, ristoranti e centri commerciali. L’ultimo in ordine di tempo è il Capital Mull in Remal street nella città di Gaza. Un centro commerciale di 4 piani dotato di ascensori e scale mobili, con negozi di abbigliamento, elettronica, ristoranti, calzature…. Un solo piano del centro commerciale è di proprietà e gestito dalla holding turca DeFacto. La comparsa di questi grandi centri commerciali ha messo in crisi i piccoli negozi che sono stati costretti a chiudere le attività. Come noto nelle fasi di emergenza e bisogno, la macchina degli affari è sempre attiva e non sempre corrisponde ai reali bisogno della popolazione. Infatti il 70% della popolazione di Gaza continua a vivere sotto la soglia di povertà e l’85% dei gazawi dipende dagli aiuti umanitari delle organizzazioni internazionali. La mancanza di lavoro e di qualsiasi prospettiva futura ha aumentato i disturbi depressivi, il 55 % della popolazione è affetta da depressione, le violenze in famiglia sono in crescita e sono numerosi i casi di suicidio.
In questo scenario l’A.N.P. ha deciso di tagliare il salario ai suoi circa 50.000 dipendenti pubblici della striscia di Gaza, buona parte dei quali, venivano pagati pur non lavorando dal 2007 su indicazione della stessa A.N.P. A seguito delle proteste dei dipendenti, l’autorità di Ramallah ha deciso la riduzione del 30% del salario. Per i dipendenti pubblici dell’autorità di Gaza, invece, i salari restano tagliati del 50% per mancanza di risorse economiche. Per i lavoratori palestinesi le porte della pensione si aprono al compimento dei 60 anni, ma è di queste ultime settimane la decisione dell’ANP di mandare in pre-pensionamento i suoi dipendenti pubblici, circa 11.000 nella Striscia di Gaza, nati prima del 1.6.1965, cioè a partire dai 52 anni. Questa decisione, pare che abbia come obiettivo quello di mettere sotto pressione l’autorità di Gaza, costringendo Hamas a venire a miti accordi o a indurlo a lasciare Gaza. Queste politiche, di fatto, mettono in ginocchio il sistema pubblico nel suo insieme, in particolare il servizio sanitario e scolastico. In questi giorni a Gaza, gli uffici amministrativi degli ospedali pubblici, sono sovraffollati di persone che presentano curricula. L’autorità di Gaza, infatti, sta ricercando medici, tecnici di laboratorio, infermieri che possano sostituire il personale obbligato al pre-pensionamento. La preoccupazione, da parte del Ministero della salute di Gaza, è che si andranno a perdere tante valide professionalità senza avere il tempo di una adeguata preparazione e formazione per il nuovo personale. L’autorità di Gaza denuncia l’irresponsabile comportamento dell’A.N.P. e le ricadute negative di questa politica, che saranno ai danni della popolazione di Gaza che si troverà ad avere una scarsa qualità di servizi e purtroppo alcuni reparti degli ospedali pubblici avranno prestazioni limitate. La riduzione dell’energia elettrica, il taglio dei dipendenti pubblici, l’embargo sui medicinali sono tutti elementi che accentuano il degrado e il peggioramento delle condizioni di vita della stragrande maggioranza della popolazione di Gaza, lasciando mano libera a una minoranza che in questa situazione si arricchisce e prospera.
La comunità internazionale e i rapporti ONU, da anni parlano della devastante crisi a Gaza e fanno dichiarazioni allarmanti: “La striscia di Gaza diventerà assolutamente invivibile entro il 2020”. Già nel 2012 si parlava di “rapido deterioramento delle condizioni di vita a Gaza”. C’è da chiedersi quali politiche siano state attuate per bloccare la “disumanizzazione” dei palestinesi della striscia di Gaza. Nel 2006 il movimento islamico Hamas ha vinto democratiche elezioni. L’Unione Europea, Israele, Usa e parte della comunità internazionale non hanno riconosciuto il risultato. In questo scenario non è stato difficile per Israele imporre l’assedio e attuare quattro aggressioni armate che hanno portato morte e distruzione.
Oggi la situazione politica è complicata: Gaza sta subendo l’assedio israeliano, le politiche di aggressione economica dell’A.N.P., la chiusura dei confini da parte dell’Egitto e il blocco voluto dall’Arabia Saudita che ha imposto al Qatar, principale finanziatore di Hamas, di sospendere gli aiuti. Intanto Gaza è diventata terra di conquista e di colonizzazione.
In questa complessa e drammatica situazione vivono i nostri bambini e bambine. Nel corso delle visite ho constatato che continua per molte famiglia la sospensione degli aiuti economici da parte dei servizi sociali dell’autorità di Gaza. Sono anche venuti meno gli aiuti di diverse agenzie e ONG che operano sul territorio, che per mancanza di risorse finanziarie hanno diminuito, in alcuni casi tagliato, gli aiuti sia di generi alimentari che economici. Tanti dei nostri bambini feriti o disabili non possono più frequentare centri di sostegno e di riabilitazione perché la famiglia non ha i soldi per pagare il trasporto. La presenza della nostra Associazione Gazzella nella Striscia di Gaza è riconosciuta per le attività a favore dei bambini e delle loro famiglie; per i diversi interventi, che in questi anni, abbiamo messo in campo attraverso acquisti mirati e rispondenti alle urgenze quali farmaci ed attrezzature sanitarie (carrozzine, incubatrici, generatori). Tutto questo grazie all’attenzione e sensibilità di chi da anni sostiene il progetto di Gazzella e che chiediamo di continuare a sostenere. Per morire a Gaza non c’è bisogno di un altro attacco armato israeliano, la popolazione sta lentamente morendo, noi non siamo complici!
L’uscita dalla Striscia di Gaza ha richiesto più di 2 ore. L’autorità israeliana ha imposto nuove regole: prima di essere sottoposti ai controlli personali e del bagaglio viene somministrato un questionario nel quale si deve indicare il materiale elettronico in valigia e dichiarare che lo stesso non è stato dato da altra persona. Il bagaglio è stato poi minuziosamente controllato, dal tubetto di dentifricio, alla crema, le calzature… Ai palestinesi che hanno il visto di uscita da Gaza va molto peggio. Con le nuove disposizioni è vietato portare cibo, bevande, accessori per la toilette, fotocamera, cinepresa, computer; è ammesso il solo cellulare e una valigia.
Riparto dalla Palestina con il pensiero alle attività da sviluppare per tenere vivo il progetto di Gazzella con finanziamenti mirati ai bisogni che le famiglie hanno espresso, ma anche agli impegni assunti nel progetto di monitoraggio degli ospedali pubblici per dare parziali risposte alle emergenze e necessità di farmaci e dispositivi per interventi di chirurgia.
G.
Gazzella Onlus
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