Bloccati all’aeroporto ed espulsi dalla Palestina gli inviati di Gazzella
Da il manifesto, 30/6/2002
A proposito di bambini, sono stati bloccati ieri per dodici ore all’aeroporto di Tel Aviv e espulsi col primo volo per l’Italia Edoardo Cicchetti e Silvia Gallerano, soci dell’onlus Gazzella, una rete di solidarieta’ e aiuto ai bimbi palestinesi feriti nella Striscia di Gaza. Avevano con se’ le credenziali che li accreditavano quali membri della delegazione – una parte della quale qualche giorno prima aveva gia’ raggiunto regolarmente Gaza – delle famiglie italiane che da due anni hanno adottato a distanza centinaia di bambini palestinesi feriti. Dovevano contattare, come fanno periodicamente, le famiglie dei campi profughi di Jabalia, Khan Younis, Rafah per avere notizie delle condizioni di salute dei bambini e trasmettergli il piccolo aiuto economico che le famiglie italiane gli avevano affidato. Inutilmente le autorita’ consolari italiane di Tel Aviv hanno garantito l’obiettivo della delegazione; e’ stato anche offerto alle autorita’ israeliane di scortare i due fino a Gaza in modo da accertarsi che, strada facendo non partecipassero a inesistenti manifestazioni pacifiste. Le autorita’ di frontiera israeliane sono state irremovibili; in teoria gli aiuti umanitari sono benvenuti, in pratica e’ meglio tenere rinchiusi in uno stanzone per dodici ore gli “adottanti” e rimandarli a casa con un bel timbro di espulsione sul passaporto. Cosi’ per qualche anno non aiuteranno i bambini palestinesi feriti. Intanto il ministro dell’interno israeliano Eli Yishai continua a negare l’accesso in Israele e nei Territori Occupati a pacifisti internazionali ed operatori umanitari. Oltre 2000 riportavano nelle scorse settimane i giornali israeliani. Nei giorni scorsi Yishai ha impedito l’arrivo a Gerusalemme ad oltre 300 italiani che dovevano partecipare alla “Catena umana della pace”, la prima iniziativa presa insieme, negli ultimi due anni, da pacifisti israeliani e palestinesi. La scorsa notte erano bloccate all’aeroporto di Tel Aviv in attesa dell’espulsione le operatrici umanitarie italiane Ivana Nanni e Claudia Righini, dell’Ong “Terres Des Hommes”, giunte con una lettera di incarico firmata dal Rappresentante della Commissione Europea nei territori palestinesi, Jean Breteche. Loro non hanno ottenuto alcuna assistenza dall’ambasciata italiana a Tel Aviv e dai rappresentanti dell’Ue. Le autorita’ israeliane continuano a ripetere che i pacifisti e gli esperti dellee Ong verrebbero in realta’ “a portare aiuto ai terroristi”. Un’accusa gravissima, ma mai provata. Il silenzio dei governi occidentali e delle loro ambasciate su tutto cio- e’ assoluto. Una domanda. Perche’ l’Ue e il governo italiano continuano ad investire fondi in progetti umanitari e di sviluppo in Cisgiordania e Gaza che poi non hanno possibilita’ di essere realizzati per l’ostruzionismo dell’occupante (che pure, secondo la Convenzione di Ginevra, deve garantire l’aiuto umanitario alle popolazioni sotto occupazione)?
Tabula rasa a Hebron L’esercito israeliano con due tonnellate di esplosivo fa saltare il Muqata.
Tra le macerie potrebbero esserci tutti gli agenti dell’Anp (una quindicina) che hanno resistito fino all’ultimo. I carri armati fanno fuoco: assassinati un bambino di 12 anni a Faraa (Jenin) e una donna a Gaza. Israele blocca l’ingresso a 2.000 pacifisti e operatori umanitari. Espulse ieri due volontarie italiane di “Gazzella”, il gruppo d’aiuto ai bambini palestinesi feriti
MI. GIO. GERUSALEMME
La vita palestinese non vale davvero niente dopo il discorso di George Bush che ha dato carta bianca al governo israeliano. La rioccupazione della Cisgiordania e’ lecita, la repressione e’ legittima, i rastrellamenti legali. E non turbano le capitali occidentali le due tonnellate di esplosivo usate ieri all’alba dall’esercito israeliano per ridurre in pochi attimi un edificio storico come il Muqata di Hebron in un cumulo di macerie dove sotto potrebbero esserci i cadaveri di una quindicina di palestinesi – “terroristi” secondo il governo Sharon – che non volevano arrendersi alle forze di occupazione. Le ruspe dell’esercito ieri sera non avevano trovato ancora alcun cadavere. Il Muqata, 12mila metri quadrati, 350 stanze, fu costruito negli anni Trenta dalla Gran Bretagna che allora esercitava un mandato sulla Palestina. Dal 1948 la grande caserma di cemento passo- sotto il controllo della Giordania e, dal 1967, sotto quello di Israele che ne fece una delle principali prigioni in Cisgiordania. Nel 1997 il Muqata era passato all’Anp e ospitava i servizi di sicurezza e la guardia presidenziale “Forza 17″.
A favore della scarcerazione dei refuzenik condannati al carcere militare – i soldati e ufficiali che si rifiutano di servire nei Territori Occupati – , ieri circa 300 israeliani hanno manifestato ad Atlit (Haifa), presso la prigione n.6. Nei giorni scorsi un ufficiale della riserva e leader dei refuzenik, David Zonshein, e’ stato scarcerato su decisione dell’Alta Corte che ha accolto il ricorso contro il carcere militare.
E sono i bambini palestinesi a sfidare ogni giorno il coprifuoco imposto dalle forze di occupazione israeliane. Soprattutto a Jenin e Nablus. I soldati non esitano a sparare contro di loro. Ieri Mohammed Mubarak, 12 anni, e’ stato centrato in pieno petto dai colpi sparati da reparti israeliani entrati nel campo profughi di Faraa (Jenin) per mettere fine ai lanci di sassi dei ragazzini palestinesi. I Merkava impenetrabili, potenti, invincibili – “i migliori carri armati al mondo” ripetoono le industrie militari israeliane ormai alla versione n.5 del mezzo corazzato – non si lasciano impressionare dai sassi dei bambini palestinesi. In otto giorni sono stati uccisi sei bambini per “violazioni del coprifuoco”. Ieri e’ stata uccisa anche una donna palestinese (il marito e’ rimasto ferito in modo grave) da raffiche di mitragliatrice pesante sparate dai mezzi corazzati israeliani contro la cittadina di Deir Al-Balah, al centro della Striscia di Gaza. La donna si trovava in casa quando e’ stata colpita. Un’altra vittima innocente di fronte all’indifferenza del mondo.