il manifesto - 23
Ottobre 2004
TESTIMONIANZA
La morte di Shadi
MAURIZIO GALVANI
«E' con grande
dolore...»: con questa premessa, una lettera inviataci dal dottor Abu Khousa Abdalhad,
medico responsabile del Medical Relief
palestinese, ci ha annunciato la morte di Shadi Naim Khalil Abu
Anza. Shadi- che aveva
appena dodici anni - era stato «adottato», circa un anno fa, da mia moglie e da
me, con un`adesione al progetto Gazzella, volto
espressamente all'aiuto dei bambini e degli adolescenti palestinesi, il più delle volte colpiti e feriti «casualmente» dall'esercito
israeliano, anche se incolpevoli. Non abbiamo mai conosciuto personalmente Shadi: l'unico contatto con lui è stata
una foto consegnataci dai volontari di Gazzella. Sapevamo solo che viveva a Rafah insieme alla sua famiglia composta di
undici persone. Non sapevamo, ma avevano sentore che qualcosa potesse sempre accadere a Shadi
(come del resto ad altri suoi coetanei) visto che viveva sotto l'inferno
dell'occupazione israeliana. Purtroppo quello che temevamo è accaduto ed è
arrivata la terribile notizia: Shadi Naim Khalil Abu
Anza è stato ucciso insieme ad
altri due compagni, in circostanze ancora poco chiare, durante l'ultima,
devastante offensiva contro Gaza e Rafah.
I volontari di Gazzella, tramite i loro contatti, ci fanno
anche sapere che i primi a pagare i prezzi di questa assurda occupazione sono
proprio i bambini e gli adolescenti, colpiti magari mentre stanno solo andando
a scuola - su 250 feriti a nord della striscia di Gaza, la maggior parte sono,
infatti, minori. Non solo. I bambini palestinesi diventano improvvisamente
orfani - quattordici bambini inseriti nel progetto Gazzella non hanno più i
loro genitori; altri risultano irreperibili dopo la
distruzione della loro casa; altri ancora sono fuggiti, in preda al terrore,
insieme alle loro famiglie. Altri ancora, delle centinaia di bambini e adolescenti
sostenuti da Gazzella, non è stato più possibile contattarli
e di loro non si ha più nessuna traccia. «L'unica vera gioia - raccontano i
volontari di Gazzella - è stata l'opportunità offerta a 47 bambini palestinesi
feriti di prendere parte lo scorso luglio ai campi estivi».
Nell'inferno di Gaza non si può nemmeno più entrare, il
governo Sharon non vuole che ci siano testimonianze
(straniere) di quello che accade laggiù. Questo rende più difficile il lavoro
di solidarietà e sostegno a favore del popolo palestinese.
Nel caso di Gazzella, due volontari italiani sono rimasti
bloccati e hanno dovuto «rimandare» la loro partenza, sconsigliati (per la
rischiosità della situazione) dal medico responsabile dell'Unione dei comitati di soccorso medico palestinese (Upmrc).
E tuttavia, i volontari di Gazzella continuano a
pensare, giustamente, che l'aiuto ai bambini, alle famiglie, alla gente di
Gaza, di Khan Younis, Jabalya
e Beit Hanun è ancora
fondamentale.
Per informazioni sul progetto Gazzella:
e-mail:pergazzella@katamail.com
tel-fax 0686326642