RELAZIONE DEL VIAGGIO NELLA STRISCIA DI
GAZA (12-24 luglio 2005)
A tutti gli amici che sostengono un bambino
palestinese attraverso il progetto Gazzella
A distanza di
tre mesi dal nostro ultimo viaggio nella Striscia di Gaza siamo tornati per
visitare i bambini sostenuti attraverso il nostro progetto. Cerchiamo di mantenere
fede al proposito di fare un viaggio ogni 3-4 mesi. E’ luglio e il caldo è
soffocante. Al posto di blocco di Eretz passiamo i pesanti controlli e
sottostiamo agli interrogatori fatti con tono aggressivo da soldati
diciottenni, sullo scopo del nostro viaggio: quel giorno siamo gli unici che
riusciamo ad entrare, alcune ragazze appartenenti ad una Ong straniera vengono
tenute in attesa di una risposta per ore, per poi concedere loro un visto di
un’ora soltanto, il che equivale a negarlo. E’ chiaro l’intento di impedire
l’ingresso a qualsiasi organizzazione che abbia come fine il sostegno al popolo
palestinese. Ripercorrere il chilometro che dista dal vecchio tunnel che
introduce nel territorio di Gaza, con le videocamere che filmano tutto e tutti
e le barriere e le porte di metallo che si aprono a comando, è sempre
un’esperienza traumatica.
A Gaza siamo attesi dai nostri amici dei
Comitati di Soccorso medico palestinese (PMRC), che sono i nostri referenti ed
anche nostri gentili ospiti ogni volta che raggiungiamo Gaza. Ci riceve Ilham,
che si occupa del coordinamento del progetto Gazzella. A proposito del
‘disimpegno’ da Gaza, ovvero l’evacuazione di alcune colonie che dovrebbe
iniziare il prossimo 17 agosto, i nostri amici sono scettici: la cosa più probabile che si aspettano è che
Gaza diventi una grande prigione a cielo aperto, una sorta di ‘campo di
concentramento’ sempre controllata completamente dagli israeliani che
continueranno comunque a stabilire a loro arbitrio chi ha diritto di entrata e
chi no. D’altra parte i palestinesi non possono uscire né entrare già da tempo.
Per un palestinese è assolutamente impossibile spostarsi fra la Cisgiordania e
Gaza, anche se la famiglia è divisa. È difficile immaginare se e come la vita
di tutti i giorni di un palestinese che abita nella striscia di Gaza migliorerà
senza la presenza dei 7800 coloni. Durante questo viaggio abbiamo anche notato
che c’erano pochissimi stranieri, meno delle volte precedenti. È diventato più
difficile ottenere il permesso per entrare a Gaza le condizioni di sicurezza
sono peggiorate. Siamo stati testimoni di un attacco israeliano con Apache 16 e
purtroppo anche di scontri a fuoco fra militanti di Hamas e forze dell’Anp che
dovevano impedire il lancio di missili contro gli insediamenti colonici.
Il giorno successivo al nostro arrivo,
assieme ad Ilham e con un altro volontario del PMRC che potesse fare da
interprete e, cosa non semplice soprattutto nei campi profughi, riuscire a
localizzare le diverse famiglie dei bambini adottati, abbiamo iniziato a
muoverci per il nostro giro di visite; il nostro programma prevede di visitare
167 dei bambini che ricevono un sostegno da un adottante in Italia. Alcuni
bambini non li abbiamo trovati: le famiglie avevano cambiato casa e non sempre
i vicini sapevano esattamente dove si erano trasferite. Altri, considerato il
periodo di vacanza e le scuole chiuse, erano da parenti, oppure ai campi estivi
che – pur tra mille difficoltà – il PMRC riesce ad organizzare. A volte si
dimentica che Gaza è sul mare, e proprio il mare a volte può essere fonte di
altro dolore, come nel caso della famiglia di Qader, una bambina tredicenne che
è nel nostro progetto, e che siamo andate a trovare. Qader era in Egitto per
essere sottoposta alla quinta operazione (è stata ferita nel 2002 all’addome).
Sua madre distrutta dal dolore ci ha raccontato che il mese scorso un fratello
di 19 anni di Qader, appena diplomato, è annegato in mare. Ci hanno spiegato
che sono tanti i bambini e ragazzini che annegano nel mare spesso agitato: non
sanno nuotare, non ci sono bagnini, nessun controllo. Per dieci giorni abbiamo visitato i bambini
di Bayt Lahiya, Bayt Hanun, Jabaliya, Khan Yunis e Rafah, siamo stati nei campi
profughi e nelle zone rurali. Quando possibile i nostri spostamenti avvenivano
con l’ambulanza del PMRC che dovrebbe garantire un minimo di sicurezza dagli
attacchi israeliani (ma non sempre è così), in certi casi, come a Bayt Lahiya,
dove abbiamo incontrato 10 bambini e rispettive famiglie, ci siamo spostati
senza macchina, a piedi, per cinque ore sotto il sole, a tratti con un
trattore, o con un asino. Il nostro accompagnatore, quel giorno, è finito in
ospedale per un colpo di sole. Noi ci siamo salvati grazie a provvidenziali
cappelli avuti in prestito.
La situazione
a Gaza continua ad essere terribile. La popolazione (1.400.000
complessivamente) nei villaggi e soprattutto nei campi profughi è fittissima,
cresce del 4% all'anno e si vede. Nei villaggi ci sono in media 25.000 persone
per chilometro quadrato e nei campi profughi 50.000. I 7.800 coloni israeliani,
vivono invece in meno di 600 per Km quadrato. La povertà è tremenda. La
presenza israeliana è ovunque. Basta guardare gli insediamenti con intorno le
torrette con i soldati con i mitra puntati contro abitanti e passanti. Nel
cielo si sente il ronzio degli aerei senza pilota, non si vedono ma si sa che
fotografano tutto e tutti. Si può assistere alla scena di una automobile carica
di passeggeri che viene centrata da un razzo. Nei dodici giorni della nostra
permanenza a Gaza gli occupanti
israeliani hanno ucciso in questo modo almeno sei persone, presunti
"terroristi di Hamas". Abbiamo anche assistito al funerale di 4
militanti di Hamas, che è stato molto sentito e partecipato dagli abitanti di
Gaza.
Un'altra angheria messa in atto con
sottile crudeltà dagli occupanti (frequentemente, almeno due volte al mese) è
quella di interrompere, scavando enormi buche con il bulldozer e rendere così
impraticabile, l'unica strada che attraversa la striscia da nord al sud. Appena
gli israeliani li autorizzano a ripercorrere la strada, i palestinesi la
riparano prontamente, la strada è indispensabile per qualsiasi spostamento,
soprattutto di lavoro. La disoccupazione, infatti, ha raggiunto l’80% Durante
le nostre visite effettuate di mattina alle famiglie dei bambini abbiamo
trovato in casa molti padri, a causa della disoccupazione dilagante.
La situazione
delle famiglie che abbiamo visitato è abbastanza eterogenea. Ma sempre,
l’accoglienza che abbiamo ricevuta è stata calorosa e durante le nostre visite
siamo stati benevolmente ‘costretti’ ad accettare qualcosa da bere, tè o caffè,
sempre serviti nei servizi migliori. La povertà, comunque, è grande
dappertutto, ma le condizioni sociali sono diversificate. Abbiamo visitato
famiglie con 10 o più figli che vivono in case abbastanza spaziose - o anche
piccole - ma pulite e in cui l’atmosfera era serena, mentre, soprattutto nei
campi profughi, siamo stati in case lasciate in uno stato di sporcizia e di
degrado. A Khan Yunis la situazione è particolarmente grave: girando nei campi
profughi venivamo fermati con pressanti richieste di aiuto e denaro, perché
quasi ogni famiglia ha un ferito o un malato grave. Nei campi profughi
l’affollamento in cui si è costretti a
vivere, le fogne a cielo aperto, il caldo umido, la vicinanza dei soldati
israeliani, rendono la vita molto difficile. Ci sono famiglie che continuano a
vivere in case distrutte o in baracche di metallo e altre, poche purtroppo, che
rimaste senza casa sono riuscite ad avere in assegnazione case nuove in
palazzoni o case singole costruite con fondi ed interventi internazionali
(svedesi, giapponesi e anche italiani, come a Rafah).
In molti bambini le conseguenze delle ferite
sono permanenti e gravi, mentre per fortuna in molti altri si limitano ad una o
più cicatrici. Molti bambini che vivono vicino agli insediamenti dei coloni
sono stati feriti più volte, anche 5 o 6 volte. E purtroppo due ragazzini, Ala’
e Muhammad, che erano sostenuti da Gazzella, sono stati uccisi lo scorso 2004.
Ai 167 amici che adottano un bambino che
abbiamo visitato in questo nostro viaggio, mandiamo una breve lettera con le
fotografie che abbiamo scattato. A tutti gli altri, la promessa di andare a
trovare i “loro” bambini entro la fine del 2005.
A tutti, i nostri ringraziamenti sinceri
e la gratitudine nostra e delle famiglie palestinesi che ricevono un aiuto
piccolo ma essenziale nelle terribili condizioni in cui sono costretti a
vivere.
Grazie di
cuore e a presto.
I volontari di Gazzella Onlus
Gazzella
Onlus C.F. 97256870581
Segreteria
Operativa: Casella Postale 7240 00100 Agenzia Roma Nomentano
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