Gaza, un inferno nel caos

di Lorenzo Trombetta

(Giornale di Sardegna, 03.01.2006)

 

L'inferno di Gaza è sempre più nel caos e quel che è accaduto nelle ultime

settantadue ore ne è l'ennesima riprova. Domenica, uomini armati palestinesi

rapivano nei pressi di Khan Yunis il pacifista italiano Alessandro

Bernardini. Questo veniva poi rilasciato dopo quattro ore, cavandosela

meglio dei tre ostaggi britannici liberati venerdì scorso dopo due giorni di

detenzione. Sempre domenica, nella città di Gaza, un'altra banda armata

assaltava un luogo di ritrovo degli impiegati delle Nazioni Unite dando

fuoco al bar delle bevande alcoliche. Israele, dal canto suo, bombardava un

centro culturale palestinese di Gaza: per l'Autorità Nazionale Palestinese

(Anp) era un luogo di ritrovo degli uomini di Fatah (Anp), per Tel Aviv un

locale utilizzato dalle Brigate dei Martiri di al-Aqsa. Solo qualche ora

prima, nella notte di capodanno, due palestinesi venivano uccisi in raid

israeliano nel nord della Striscia. Da qui, sostenevano le autorità dello

stato ebraico, provenivano i lanci di missili contro le vicine colonie

ebraiche. E ancora: a Dayr al-Balah domenica un gruppo di miliziani

palestinesi occupava un ufficio amministrativo dell'Anp, mentre altri uomini

armati a Rafah sequestravano guardie di frontiera palestinesi bloccando per

ore il punto di passaggio con l'Egitto.

Alla fonte dei disordini v'è un profondo malcontento per il vuoto

istituzionale e amministrativo seguito al ritiro israeliano di quest'estate.

La Striscia rimane un rettangolo di terra sopraffollato dove la libertà di

movimento dei suoi abitanti e delle sue merci è ridottissima. Chi ancora

riesce a lavorare la terra non sa come esportare i propri prodotti, chi

vorrebbe lavorare non ne ha la possibilità, mentre ogni giorno le fazioni si

disputano le poche risorse offerte dal territorio. Così, chi ha sequestrato

le guardie di frontiera a Rafah protestava contro lo strapotere delle

milizie di Fatah e contro l'endemica corruzione degli uomini dell'Anp, chi

ha occupato gli uffici di Dayr al-Balah chiedeva venisse affrontata la

questione della disoccupazione, mentre chi ha assaltato il bar degli

impiegati Onu usava un pretesto religioso (il consumo di alcolici è vietato

nell'Islam) per colpire un simbolo della comunità internazionale, accusata

di rimanere indifferente alla tragedia di Gaza. E mentre nel recinto della

Striscia i palestinesi si fanno la guerra tra loro, per le fazioni più

estreme continua, appena oltre il reticolato, la battaglia più impegnativa

contro il nemico israeliano. Quest'ultimo non ha problemi a rispondere

pesantemente ad ogni lancio di missili contro i propri insediamenti e

dimostra di aver intuito in tempo il pericolo rappresentato dall'inferno di

Gaza. Inoltre il 25 gennaio prossimo sono previste le elezioni legislative

palestinesi con forti divisioni anche all'interno della Striscia: Hamas,

dopo aver vinto le consultazioni locali, è convinta di aver in mano anche

questa tornata, mentre Fatah starebbe facendo di tutto per convincere

Israele e gli osservatori europei a rimandare l'apertura delle urne,

utilizzando a propri fini lo spauracchio 'islamista' rappresentato da Hamas.

L'ennesima dimostrazione questa dell'incapacità dei leader dell'Anp di saper

gestire il dopo-ritiro, di saper fronteggiare una sfida democratica, ma

ancor di più di saper dare alla propria gente quel minimo di dignità di cui

da troppo tempo è privata.