Resoconto del viaggio in Palestina – luglio 2007
Cari
amici di Gazzella,
ecco
di nuovo il resoconto del mio ultimo viaggio in Palestina.
Sono
arrivata al posto di blocco di Erez il 7 luglio scorso e, come già più volte
ho scritto, il terminal è strutturato come fosse un confine di “Stato” .
Recentemente
Israele ha stanziato altro denaro per rendere più efficiente e migliorare
“l’impianto di sicurezza”: altre stanze predisposte per il controllo, idranti
collocati alle pareti e numerose porte metalliche ad apertura automatica che
delimitano i percorsi.
Al
solito mi viene controllato il passaporto con l’apposizione del timbro di
entrata nella Striscia di Gaza (il timbro di entrata è una novità recente),
poi mi avvio verso il territorio palestinese.
Durante
il mio precedente viaggio – durante l’aprile scorso - il tunnel che collegava
il controllo israeliano a quello palestinese era oggetto di interventi di
sistemazione e di restauro. Alcuni lavoratori palestinesi indossavano una
giacca da lavoro con la scritta JUMP
START INTERNATIONAL. Distribuivano dei depliants, di cui conservo preziosamente
una copia per memoria. Questo il testo:
“JUMP START INTERNATIONAL e’ una delle
ONG internazionali che lavora nella Striscia di Gaza; è un’ organizzazione
umanitaria dedicata a costruire pace attraverso la prosperità.
JUMP START opera in aree di post conflitto
attraverso programmi di sviluppo, educazione,
ricostruzione, progetti rivolti al rinnovo delle comunità.
Qui lavoriamo per rendere il passaggio del terminal di Beit Hanun il più
confortevole possibile sia per i palestinesi che si recano al lavoro in Israele,
sia per i giornalisti, i lavoratori stranieri che per qualsiasi motivo, attraverseranno
il terminal per entrare nella striscia di Gaza .
Il nostro obiettivo è anche quello di rendere
il terminal operativo ed efficiente con tutta l’area circostante pulita e
che sia di attrazione.
Abbiamo in progetto di restaurare il tetto,
l’illuminazione, le toillettes, muri
e pavimenti e se possibile ci piacerebbe “abbellire” l’ambiente adiacente
al terminal.
Nello spirito della cooperazione JUMPSTART
INTERNATIONAL accoglie qualsiasi tuo suggerimento per le migliorie da apportare
e anche accetta materiali non più in uso che possono essere riutilizzati (vecchi
computers, materiali per impianti elettrici, stampanti, scanner, panchine
da giardino e/o arbusti e cespugli per abbellire il paesaggio).
Le risorse economiche dell’Autorità sono poche, quindi qualsiasi contributo è ben
accetto.
Se hai altre idee a riguardo del nostro
progetto facci sapere.
Insieme possiamo contribuire a rendere
più confortevole ed efficiente il terminal
di Beit Hanun”
Vi
riporto il testo fedelmente perché nel leggerlo si poteva credere che anziché
entrare nella martoriata striscia di Gaza ci si stava recando in un luogo
di villeggiatura del Mediterraneo.
Oggi,
dopo circa tre mesi, il tunnel che portava al controllo palestinese è stato
distrutto, cancellato dai carri armati e dalle bombe israeliane, riducendo
in macerie e polvere migliaia di euro che qualche ONG internazionale aveva
stanziato per il progetto. Visti i risultati, credo si debba iniziare a ripensare
al ‘senso’ della cooperazione.
Dopo
circa un chilometro un tassista mi
accompagna alla sede del Medical Relief a Gaza città.
Le
strade sono poco affollate. Gli uomini della sicurezza del presidente Abu
Mazen, che con i loro fiammanti M16 e le autovetture da difesa-attacco si
incontravano fino a pochi mesi fa nelle strade, sono scomparsi. Incontro,
invece, uomini con giacche fosforescenti che puliscono le strade, sistemano
le aiuole.
Parlando
con la gente del posto comprendo il dolore, l’umiliazione provata per quanto
è accaduto nelle settimane precedenti: gli scontri armati
hanno causato circa 100 morti e numerosi feriti tra i palestinesi:
uno scontro fratricida nel quale si
sono mescolati motivi politici e personali.
Anche
la ‘nostra’ Ilham, collaboratrice di Gazzella, malgrado i suoi 26 anni, mi
appare “invecchiata” da questa esperienza.
La
vita quotidiana sembra scorrere tranquilla; certo non vedere gruppi armati aggirarsi per le strade rende
le persone psicologicamente sicure, pur con la consapevolezza che le incursioni
israeliane non si sono fermate, così come non sono scomparse le tensioni politiche
interne.
Questa
volta mi sono concessa un pomeriggio al mare (eh sì, Gaza è sul mare!). Mi
ricordava un po’ i nostri anni ’50. C’erano venditori su carrettini trainati
da asini che offrivano patate cotte, bibite, ciambelle salvagente. C’erano
donne con abiti lunghi e bambini che facevano il bagno ed io mi sono confusa
fra loro, nella mia ‘audace’ canottiera, senza
destare particolare attenzione.
Con
un automezzo del Medical Relief sono arrivata fino al confine di Rafah con
l’Egitto, dove, dall’altra parte in territorio egiziano, erano bloccati più
di 4.000 palestinesi, uomini donne, anziani, bambini ai quali veniva impedito
di rientrare nella Striscia. Avremmo dovuto prestare soccorso ad un malato,
ma non ci è stato possibile superare il controllo egiziano.
La
situazione al confine di Rafah è sotto il controllo degli addetti alla sicurezza
di Hamas. Sono pochi soldati, giovani e con poche armi: ci accolgono offrendoci
caffè. La situazione appare tranquilla.
Tornando
verso Gaza città l’autista del Medical Relief mi propone di visitare il cimitero
inglese di Dayr al-Balah dove sono sepolti i soldati morti nella guerra del
1914-18.
E’
stata un’esperienza che ha dell’incredibile! Un muro ben tenuto circonda un’area
dove su di un ordinato prato “all’inglese” sono collocate qualche centinaia
di lapidi bianche, rigorosamente pulite. Il tutto è abbellito con piante. Ho
scattato alcune foto di questa “particolare”dimensione della striscia di Gaza perché ritengo che abbia dell’inverosimile:
in questo cimitero lindo e perfetto, mantenuto dal governo britannico, l’occupazione
militare israeliana, la mancanza d’acqua, le bombe non si sono mai viste.
Nei
giorni che ho trascorso nella Striscia di Gaza ho visitato alcuni dei nostri
bambini che vivono a Beit Lahiya, Tuffah, Jabaliya ed ho anche messo
a punto il progetto per il centro di riabilitazione del Medical Relief di
Gaza città a cui collabora per un anno anche Gazzella.
Il
centro è già operativo. Offre servizi di fisioterapia (e pratica terapia antalgiche),
in particolare a bambini che nascono con disabilità o che sono rimasti invalidi
a causa delle ferite riportate. E’ diretto dalla d.ssa Nadra Matter e sono
impegnati 1 volontario e 5 fisiatri.
Il
centro è un punto di riferimento per tutta la Striscia di Gaza ed è in funzione
6 ore al giorno per 6 giorni alla settimana. I casi trattati giornalmente
sono da
Il
supporto economico di Gazzella è riferito alle attività di riabilitazione
per i nostri bambini che, a cura del personale del Medical Relief, verranno
assistiti presso il centro; per alcuni
casi particolari i bambini verranno prelevati da casa e condotti al centro
per le terapie e poi riaccompagnati alle loro abitazioni. Il progetto, in
via sperimentale è finanziato da Gazzella per un anno.
Nel
corso della mia visita nella Striscia di Gaza ho anche avuto modo di incontrare
il nuovo personale amministrativo che ha
sostituito nelle strutture pubbliche
i funzionari legati a Fatah. Mi hanno
raccontato che, sulla base di documentazione trovata presso gli uffici, sono
emersi casi di – diciamo – ‘malgestione’. Per alcuni progetti di cooperazione
internazionale, tra Ong e associazioni internazionali con associazioni e/o
Ong palestinesi, i fondi stanziati non sono andati a “buon fine”. Molti progetti
finanziati con milioni di euro sono
rimasti sulla carta, non sono mai stati realizzati o lo sono stati solo parzialmente.
Tuttavia i fondi sono arrivati a Gaza, ma probabilmente sono finiti in ‘casse’
personali. Tutto ciò mentre la situazione economica della Striscia di Gaza
è drammatica: la disoccupazione ha raggiunto il 73% e gli stipendi dei dipendenti
pubblici, della scuola, della sanità e della polizia non vengono pagati. Gli
unici a percepire lo stipendio sono gli addetti alla sicurezza, i medici e
gli insegnanti dipendenti dal governo di Abu Mazen insediatosi a Ramallah.
I dipendenti pubblici che si riconoscono nel primo Ministro Ismail Haniyye
non hanno salario. Il paradosso è che, su indicazione del Presidente dell’A.N.P.
Abu Mazen, i dipendenti pubblici (medici, poliziotti, insegnanti) che non
si riconoscono nel governo della Striscia di Gaza, percepiscono lo stipendio
anche se rinunciano ad andare al lavoro: significa non prestare servizio per
il governo di Hamas.
Per
fortuna la solidarietà tra i palestinesi ha prevalso sull’irresponsabilità:
così il 12 luglio scorso lavoratori che si riconoscono nel governo di Hamas
e lavoratori stipendiati dall’Autorità Palestinese
hanno manifestato insieme per le vie di Gaza città per chiedere che l’Autorità
Palestinese paghi i salari a tutti i dipendenti.
In
questa complessa e difficile situazione continuano a vivere i nostri bambini,
sempre felici di ricevere una nostra visita, di sapere che la nostra associazione
Gazzella, con la collaborazione del Palestinian Medical Relief Society, continua nel suo lavoro anche a sostegno della
loro dignità .
La
mia uscita dalla Striscia di Gaza questa volta è stata particolarmente difficile.
Il bagaglio è stato controllato senza
che io fossi presente, il portafoglio è stato aperto e mi è stata “controllata”
anche la carta di credito; ho subito il solito controllo corporale con i raggi
X; la macchina fotografica e la cinepresa mi sono state riconsegnate dopo
una buona mezz’ora che il bagaglio era arrivato.
Del
tutto vani sono stati i miei tentavi di chiedere di essere presente al controllo
dei miei effetti personali: un giovane e ‘sveglio’ soldato israeliano addetto
alla sicurezza mi ha spiegato che anche
in Italia i bagagli viaggiano da soli e quindi qualcuno potrebbe aprirli anche senza la presenza del proprietario. Probabilmente al giovane manca
il concetto di “bagaglio chiuso-imbarcato” che, se aperto, si configura come
reato, e di check-in del bagaglio in
presenza del proprietario.
In
Cisgiordania, nei giorni successivi, mi sono recata a Nablus dove ho visitato
un ‘nostro’ bambino che vive nel campo profughi di Balata, e che ha bisogno
di un intervento chirurgico che possa rimediare ai danni procurati da un proiettile
penetratogli nel collo. Il bambino è già stato sottoposto ad una visita specialistica.
Ho portato il referto con me ed al mio ritorno l’ho consegnato ad amici medici
italiani.
Spero
che Gazzella possa contribuire alle spese di viaggio per il ricovero del bambino
in Italia, nel caso in cui i medici riscontrassero le condizioni positive
per un intervento chirurgico.
Questa
volta, cari amici, ho lasciato
Grazie
al vostro aiuto, dunque il continuare a dar sostegno ai bambini feriti e l’impegno
a far conoscere la situazione del popolo palestinese resta una priorità e
può solo rafforzare la dignità di un popolo che ha il diritto di vivere in
pace nella propria terra.
Giuditta
c.p. 7240 Roma Nomentano
tel/fax 0686326642
email: pergazzella@katamail.com