Dopo un coma durato otto
mesi, è morto Tom Hurndall, il pacifista britannico colpito alla testa
dall'esercito israeliano l'11 aprile 2003, mentre tentava di proteggere alcuni
bambini palestinesi nel campo profughi di Rafah, nella Striscia di Gaza. L'unica
arma di Tom era la sua macchina fotografica. Per ricordare questo ragazzo e le
ragioni che lo hanno portato a mettere in gioco la sua stessa vita, PeaceLink
ha tradotto in italiano un discorso pubblico di Jocelyn Hurndall, la madre di
Tom. Tutti lo possono ora leggere su http://www.peacelink.it
Tom è un eroe del nostro
tempo. Ha pagato con la vita il tentativo di salvare alcuni bambini, di
proteggerli dalle armi da fuoco israeliane. Bertolt Brecht scrisse che un mondo
libero non dovrebbe avere bisogno di eroi, in quanto tutti dovremmo fare la
nostra parte per la giustizia e la libertà. Tom era uno dei tanti e questo ci
conforta. Ci conforta sapere che nel movimento per la pace le persone di valore
come Tom sono presenti in molte parti del mondo. Tom vive in ognuno di noi
quando compiamo un gesto buono, leale, coraggioso. E in questo senso è un eroe
che non ci espropria di responsabilità ma ci fa compartecipi della causa per
cui ha lottato.
Ha detto la madre: "Tom
ci chiedeva questo: "di comprendere, per favore, che non farlo avrebbe
significato semplicemente non essere me stesso". Trovo una grande
ispirazione ad immaginare progetti di cooperazione tra Palestinesi e Israeliani
che sviluppino una cultura di tolleranza in cui le persone si ascoltano,
lavorano insieme, si considerano come individui con abilità e qualità,
piuttosto che considerarsi solo come membri di opposte fazioni secondo una
visione ristretta".
Invito tutti gli insegnanti
di inglese che leggono questa lettera affinché facciano conoscere l'esperienza
di Tom tramite la traduzione dei testi in inglese già presenti sul sito della
Fondazione che è ora a lui dedicata: http://www.tomhurndall.co.uk
Dallo sguardo sincero di
questo ragazzo di 21 anni venga a tutti i giovani un invito a cercare sempre
nella vita la verità e il coraggio di stare dalla parte dei più deboli.
Alessandro Marescotti
presidente di PeaceLink
Ciao, Tom. E grazie
Il 13 gennaio, dopo un coma
durato otto mesi, e' morto Tom Hurndall, il pacifista britannico colpito alla
testa dall'esercito israeliano l'11 aprile scorso, mentre tentava di proteggere
alcuni bambini palestinesi nel campo profughi di Rafah, nella Striscia di Gaza.
L'unica arma di Tom era la sua macchina fotografica. Per ricordare questo
ragazzo e le ragioni che lo hanno portato a mettere in gioco la sua stessa
vita, PeaceLink ha tradotto in italiano un discorso pubblico di Jocelyn
Hurndall, la madre di Tom.
16 gennaio 2004
Sono la madre di Tom
Hurndall, il giornalista fotografo di 21 anni che e' stato colpito alla testa e
ferito gravemente dalle Forze di Difesa israeliane nella striscia di Gaza l'11
Aprile.
Tom e' stato colpito mentre
stava cercando di mettere in salvo dei bambini che giocavano su un cumulo di
macerie mentre venivano sparati dei colpi contro di loro.
Tutto questo e' accaduto in
piena luce e Tom indossava una giacca arancione fosforescente da attivista,
riconosciuta a livello internazionale. Tom ha subito danni cerebrali gravissimi
e non c'e' speranza che possa recuperare.
Era un giovane di ferma
convinzione, che desiderava affrontare le situazioni e, come lui stesso ha
scritto, "procedere al passo successivo". Questo era lo spirito con
cui Tom prese parte alla protesta "Stop the War" (Fermate la
Guerra) in febbraio, poi si
uni' agli Scudi Umani a Bagdad, lavoro' nel campo profughi Al Rweished in
Giordania trasportando attrezzature mediche, e infine ando' nei territori
occupati nella striscia di Gaza.
Siamo fortunati ad avere i
suoi diari-resoconti e centinaia di fotografie scattate in quel periodo.
I suoi diari-resoconti sono
un ritratto commovente del viaggio di un giovane coraggioso in cerca della
verita'.
Egli era profondamente
consapevole dei pericoli, ma ancora piu' forte in lui era il desiderio di
vedere di persona il rovescio della medaglia di ogni situazione, e questo era
quello che piu' lo caratterizzava. Voleva essere perspicace e allo stesso tempo
mantenersi critico su tutto quello che sentiva.
Attraverso le sue fotografie
e i suoi scritti, voleva, come lui stesso ha scritto, "fare la differenza".
La bellezza dei suoi scritti
sta nel fatto che esprimono apertamente il pensiero e i sentimenti di un
giovane informato sulla situazione in Medio Oriente, pur rimanendo scevri dalle
limitazioni tipiche di qualsivoglia fede politica.
Tom stava consapevolmente
percorrendo la sua strada, che lo portava a separare nettamente la propaganda e
le reazioni emotive dai fatti, allo scopo di arrivare a conclusioni ponderate e
personali.
Questo coerente percorso
mostra perfettamente dove Tom stava tentando di andare, e come, e dove sarebbe
effettivamente arrivato.
Il senso piu' profondo del
suo credo lo si coglie nell'importanza che lui dava all'essere strettamente in
contatto con qualcosa di piu' che non i semp lici fatti, per quanto
accuratamente riportati. Lui infatti, quando pensava a quale poteva essere
l'efficacia del giornalismo di guerra, dava un grande valore a cio' che provano
gli altri. Era proprio questo, quel bisogno di essere in contatto con cio' che
prova la gente, che lo porto' a credere che un altro modo di trattare la guerra
in Iraq era possibile.
Quando la guerra stava per
cominciare, Tom scrisse: "Abbiamo guardato avidamente Bush che alle 3 di
mattina della notte scorsa dava il suo ultimatum a Bagdad. Era uno di quei
momenti che tracciano una linea di demarcazione, che io non dimentichero'
mai..e mi domandavo.immaginando se fossi nella parte del mondo che stava per
subire quella feroce potenza, che questi diceva sarebbe giunta sulla regione.Mi
sembrava di poter sentire tutte insieme le grida dei feriti e dei morenti:
risultato di quelle pacate e serene parole che questi aveva pronunciato con
tale ponderata determinazione. Sebbene sapessi che era tutto nella mia mente,
sembrava cosi ' vero, e per un attimo ogni argomentazione e giustificazione ha
abbandonato i miei pensieri. Nella mia mente c'era quiete, e tutto cio' che
potevo sentire era il pianto di migliaia di persone. Ho dovuto trattenere le
lacrime".
Tom dunque viaggio' fino a
Rafah, nella punta meridionale della striscia di Gaza, dove le sue e-mail
assunsero un tono diverso, e, nel complesso, di maggiore urgenza.
Scriveva: "Nessuno
potrebbe dire che io non sto vedendo cio' che adesso era necessario
vedere", tale era il livello di disumanita' e oppressione di cui era
testimone.
Ma anche allora lui
continuo' a porsi domande, determinato a non giudicare. Anche fino al giorno
prima di essere colpito, nella penultima giornata del suo diario-resoconto, Tom
fa riferimento alla necessita' di distinguere la propaganda dai fatti. Comunque
trovava sempre piu' difficile non essere di parte.
Nelle 7 settimane che
abbiamo passato in Israele, quando Tom era all' ospedale, ho incontrato molte
altre madri, Israeliane e Palestinesi, che avevano perso I loro figli e le loro
figlie. Ho ascoltato molte storie toccanti e personali.
Parlo semplicemente come una
di quelle madri: come spieghi a due giovani fratelli affezionatissimi e ad una
sorella piu' grande che ci sono persone nel mondo, come Tom, che danno un
valore cosi' alto alla vita, che la amano cosi' tanto, che la loro vocazione
piu' profonda li porta ad avventurarsi alla ricerca della verita'?
Tom ci chiedeva questo:
"di comprendere, per favore, che non farlo avrebbe significato
semplicemente non essere me stesso".
Trovo una grande ispirazione
ad immaginare progetti di cooperazione tra Palestinesi e Israeliani che
sviluppino una cultura di tolleranza in cui le persone si ascoltano, lavorano
insieme, si considerano come individui con abilita' e qualita', piuttosto che
considerarsi solo come membri di opposte fazioni secondo una visione ristretta.
Recentemente sono andata ad
un concerto alla Albert Hall: l'orchestra, piena di talenti, e' stata fondata
da Edward Said, che e' morto ieri ed e' la perdita maggiore per la causa dei
territori occupati, e Daniel Baremboim, ed e' composta da giovani musicisti
israeliani e palestinesi.
Fanno concerti nei paesi
arabi allo scopo di diffondere un messaggio rivolto a tutti. Un altro progetto
attualmente porta avanti una spedizione tra i ghiacci che coinvolge Palestinesi
e Israeliani, una vera sfida, ed e' stata chiamata giustamente "Rompere il
Ghiaccio".
Iniziative comuni che si
basano sull'uso della musica, della letteratura, del lavoro di gruppo mi
sembrano modi efficaci ed umani per aiutare a ricomporre fazioni opposte. Io
sono impegnata a trovare un progetto che possa nascere sotto il nome di Tom e
dare un contributo a questo tipo di approccio illuminato, creativo e
partecipativo.
Tom ha scritto: "Che
conseguenze avra' sulla mente di un bambino, crescere in queste condizioni? Non
posso immaginare le lacrime che hanno versato e cosa hanno pensato di dover
diventare anche solo per sopravvivere".
I nostri stessi bambini sono
sensibilizzati e si sentono responsabili di dover fare il possibile- sia che
siamo inglesi, americani, iracheni, palestinesi o israeliani.
Tom, come altri prima di
lui, ha lasciato le sicurezze del suo paese per documentare le ingiustizie e la
disumanita' che hanno luogo nei territori occupati.
Lui voleva comprendere
appieno le responsabilita' del suo paese e fare uso della scrittura e della
fotografia per tornare a casa con una gran quantita' di storie di persone.
Questo e' il suo contributo,
che ci aiuta a percepire e partecipare della realta' della vita nella striscia
di Gaza, cosicche' possiamo, a nostra volta, sentire e poi agire.
Note:
Traduzione a cura di Paola
Merciai. L'utilizzo di questa versione tradotta e' liberamente consentito
citando le fonti (Fondazione Thomas Hurndall/Associazione PeaceLink) e l'autore
(Paola Merciai).
Testo originale: http://www.tomhurndall.co.uk/jocelyn-speech.asp
Tutte le informazioni sulla
vicenda di Tom sono raccolte nel sito della "Fondazione Thomas Hurndall":
http://www.tomhurndall.co.uk