Napoli, venerdì 17 aprile 2009
Gazzella incontra gli studenti della scuola media statale “Carlo Poerio”.
Gazzella è stata a Napoli su invito di una docente della scuola media “Carlo Poerio”, da anni impegnata su più fronti contro la guerra, le ingiustizie sociali e politiche, e da anni sostenitrice di Gazzella onlus per i cui bambini si è prodigata in numerose raccolte di danaro presso la sua stessa scuola.
E’ stata veramente emozionante l’idea di un incontro con giovanissimi studenti (tra gli 11 e i 14 anni), proprio sull’argomento della vita e della salute di altri loro coetanei: i piccoli palestinesi che Gazzella onlus cerca di aiutare. I primi rappresentano la spensieratezza e l’effervescenza tipiche della loro età. I secondi invece, figli di un dio minore, rappresentano quello che non vorremmo mai accadesse a nessuno, tanto meno a quell’età.
E, insieme all’emozione, ci ha accompagnato anche la preoccupazione di non riuscire a trasmettere, proprio per le citate caratteristiche dell’età dei nostri interlocutori, il drammatico quadro della situazione palestinese e dei suoi giovani figli.
Ma è stata proprio la nostra amica insegnante a rassicurarci: i ragazzi sono già sensibilizzati grazie alle tante iniziative sostenute all’interno della scuola.
Così tranquillizzate abbiamo iniziato l’incontro e, grazie ad una presentazione di immagini in power point preparata da Francesca, il discorso è apparso più facile da affrontare. Le immagini proiettate hanno consentito, infatti, agli studenti di conoscere un po’ della storia travagliata della Palestina e di capire – attraverso le immagini – ciò che le parole a volte faticano a comunicare: l’ingiustizia storica di una terra strappata con l’inganno, la mistificazione, la violenza più efferata, le stragi sempre più numerose di vite umane.
Abbiamo poi parlato della situazione attuale delle bambine e dei bambini palestinesi feriti e abbiamo mostrato loro delle foto, avvisandoli prima che qualcuna di queste poteva essere, per quanto tragicamente reale, un po’ troppo dura per i loro giovani sguardi. Premesso che, nei giorni precedenti l’incontro, abbiamo passato ore a fare una cernita delle immagini da portare con noi in quell’occasione, perché non ce la sentivamo di manifestare a ragazzini di 11 o 12 anni tutta la crudezza di questa guerra contro i piccoli palestinesi, loro coetanei, ciò premesso abbiamo avuto invece modo di constatare come gli studenti di questa scuola media abbiano reagito in modo molto responsabile a quello che veniva loro mostrato. Talmente responsabile da farci pensare che, se il mondo fosse governato da giovani e giovanissimi, sarebbe forse meno violento, perché normalmente i giovani sono scevri dalle sovrastrutture delle menzogne.
E così dalle immagini siamo passati molto naturalmente alle domande, alle analisi. Più di qualcuno tra gli studenti ha chiesto come era possibile che gli “ebrei, avendo subito le atrocità del nazismo, potessero fare questo massacro e per di più impunemente”. Qualcun altro, informato, ci chiedeva se era vero che l’aviazione israeliana, nell’attacco di dicembre 2008/gennaio 2009 avesse usato armi non convenzionali al fosforo bianco contro la popolazione civile. E poi “cosa accadrebbe allora se Israele possedesse la bomba nucleare?” (alla nostra risposta “Israele già la possiede” i nostri giovani hanno avuto un genuino moto di allarme). Un’altra domanda: “in base a quale criterio l’esercito israeliano consente a qualcuno di entrare o uscire dai Territori Palestinesi occupati e a qualcun altro no?” Domanda terribilmente logica per chi è abituato a vivere in democrazia e a cui noi abbiamo dovuto rispondere così: “non c’è alcun criterio, in quanto non esiste uno stato di diritto in un paese occupato e militarmente controllato”.
Un altro ragazzino inoltre, pur riconoscendo la profonda ingiustizia, si chiedeva perché, i palestinesi non cedessero la terra in cambio della fine del massacro della popolazione civile. A quest’ultima richiesta ha replicato prontamente un altro giovanissimo studente: “Ma dove andrebbero?” “e poi perché se quella è casa loro?”.
Abbiamo avuto modo di ricordare ai ragazzi, che non tutti gli ebrei sostengono le politiche dei governi d'Israele. In particolare abbiamo voluto citare Primo Levi, piemontese, anzi torinese come lui amava dirsi. I ragazzi hanno gradito molto il ricordo di uno scrittore che hanno letto proprio a scuola ed hanno capito benissimo la differenza che c’è tra un ebreo come lui, reduce da Auschwitz, e gli israeliani sionisti di Israele.
Il tempo a nostra disposizione è purtroppo passato troppo in fretta, tante erano le cose da dire e di cui far parlare gli studenti. Molti di loro, con le mani alzate per prendere la parola hanno dovuto accontentarsi di una promessa che speriamo di poter mantenere: ci rivedremo presto. Prima di andare però abbiamo spiegato anche le iniziative intraprese contro il genocidio perpetrato da Israele: a parte le adozioni a distanza dei bambini palestinesi, gli aiuti economici ai centri di riabilitazione, abbiamo ricordato la campagna di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni, appena partita in Italia e nel mondo, contro tutti i prodotti israeliani. I ragazzi hanno capito che incidendo sull’economia di uno stato eternamente in guerra, si può arrivare a colpire la sua potenza militare che è un pericolo per il mondo intero. Sicuramente, come ci diceva la preside, i ragazzi riporteranno la notizia del boicottaggio dentro le loro famiglie che, magari, cominceranno a fare più attenzione al momento degli acquisti.
E’ stata un’esperienza molto edificante per noi che siamo uscite da quella scuola con più speranze nell’umanità, se è rappresentata da ragazzi come quelli che abbiamo conosciuto.
Un grazie anche all’insegnante che ci ha invitato e alla preside, molto sensibile e aperta ai problemi del mondo. In particolare una frase della preside ci ha colpito: “I ragazzi a volte sono un po’ viziati e bisogna che capiscano che non è tutto scontato; che ci sono situazioni diverse dalla loro e che loro devono imparare a conoscerle”. A dispetto della titubanza che avevamo prima dell’incontro abbiamo poi considerato che, quando c’è un corpo docente valido, anche in giovanissima età si può sviluppare un notevole senso critico rispetto alla realtà e alle cose che accadono nonostante l’impoverimento culturale generalizzato che ci circonda.