Messaggi di Palestina libera

 

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UNO.

13/11, A ROMA CONTRO IL MURO

DUE. Bambini che muoiono, bambini che uccidono di Leah Tsemel
TRE. GAZA, ANATOMIA DI UN OLTRAGGIO di Ramzy Baroud
QUATTRO. Lasciarne un pezzo per occuparne un altro, eppure qualcosa si muove. di Luisa Morgantini
CINQUE. NON SCRIVERA' UN DIARIO
SEI. RITORNO AD HAIFA
SETTE. Ultra’
OTTO. Paolo Mieli, storico (?)

UNO

13/11, A ROMA CONTRO IL MURO

 'Il muro dell'Apartheid che il governo Sharon sta costruendo in Cisgiordania costituisce uno dei piu' grandi progetti di annessione di terre, distruzioni e pulizia etnica di questi ultimi decenni e, puntando a rendere impossibile la nascita di uno stato palestinese sovrano, costituisce un colpo mortale a qualsiasi soluzione negoziale del conflitto'. Contro questa politica di annientamento del popolo palestinese - raccogliendo l'invito delle ong locali - un vasto arco di comunita' palestinesi e comitati di solidarieta' ha indetto una manifestazione nazionale a Roma. Il corteo partira' sabato 13 novembre alle ore 14 da piazza della Repubblica.

La Campagna Palestinese contro il Muro dell’Apartheid, il Forum Palestina, il Coordinamento di Solidarieta' con l’Intifada, i comitati e le associazioni che hanno indetto la manifestazione nazionale del 13 novembre invitano a partecipare alla riunione che si terra' MERCOLEDI’ 3 NOVEMBRE, alle ore 19.00, in Via dei Volsci n. 30 (a San Lorenzo) per preparare le iniziative della settimana contro il Muro dell’Apartheid e la partecipazione alla manifestazione.

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DUE.

Bambini che muoiono, bambini che uccidono di Leah Tsemel

 

I miei genitori hanno abbandonato l'Europa proprio poco tempo prima del genocidio, per recarsi in quella regione che all'epoca si chiamava Palestina e che oggi chiamiamo Israele e per offrirmi una vita migliore e la sicurezza di uno Stato. Non posso certo dire, a distanza di 60 anni, che ci siano riusciti: anzi, oggi continuo a difendere palestinesi nei tribunali israeliani proprio per far comprendere questa verità elementare: non si può costruire un nuovo futuro erigendolo su uno zoccolo di oppressione…

http://www.monde-diplomatique.fr/2003/11/TSEMEL/10653    (in francese)

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TRE.

GAZA, ANATOMIA DI UN OLTRAGGIO di Ramzy Baroud

"Possiamo solo immaginare il terrificante oltraggio che avrebbero manifestato i leaders mondiali ed i media se una serie di attentati palestinesi avesse colpito una citta' israeliana ed in meno di quattro giorni avesse ucciso 60 persone e ferito centinaia, la maggior parte dei quali civili innocenti..." http://www.arabcomint.com/anatomia_di_un_oltraggio.htm

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QUATTRO.

Lasciarne un pezzo per occuparne un altro, eppure qualcosa si muove.

 

di Luisa Morgantini

 

    Ariel Sharon, ieri, nel giorno della commemorazione dell'assassinio di Yitshak Rabin (ucciso il 4 Novembre, corrispondente a ieri,  nella data ebraica), si e' scusato per avere usato toni duri durante il governo di Rabin, anche se ha sostenuto che, malgrado le differenze, sia durante la vita politica che militare, tra loro ci fosse rispetto ed amicizia.

    I familiari di Rabin, tra cui la figlia Dalia, hanno detto di sentirsi vicino e di comprendere "Arik Sharon" perche' "oggi stiamo riascoltando  le voci dell'incitamento all'odio:" i rabbini non sono cambiati e sui muri riappaiono i graffiti che chiamano sangue" . E, infatti, nelle strade di Gerusalemme, martedi' notte sono apparse scritte che dicevano: "Abbiamo assassinato Rabin, assassineremo anche Sharon". Non c'e' dubbio che la popolazione israeliana e' divisa ed impaurita dal grande spettro della lotta intestina. Quando Rabin venne ucciso, Lea Rabin, la vedova, non esito' a dire che Ygal Amir non era solo e

incolpo' Sharon per aver aizzato i coloni di cui e' stato "il padre" ( anche se bisogna pur dire che chi inauguro' il primo insediamento nei territori occupati del 67 fu Simon Peres).

    Oggi la minaccia e' contro Sharon che propone l'evacuazione di 21 colonie a Gaza e il ritiro delle truppe nel 2005. Nel 1995, Peres e i laburisti, di

fronte alle possibilita' di una scontro interno e violento tra israeliani, optarono per il patto di unita' con il Likud, mettendo in primo piano l'unita' interna alla scelta di continuare il processo di pace e di ritiro dai territori

occupati, iniziato con gli accordi di Oslo. Con  l'assassinio di Rabin e

l'unita' tra le forze laiche e religiose israeliane si mise termine a quella che era stata una sfida per la quale sarebbero state necessarie  tutte le cure e volonta' politiche  per  portare a termine le varie fasi dell'accordo di Oslo e

cosi' come previsto, nel 1999, si discutesse e si trovasse l'accordo per   la

realizzazione dello Stato palestinese con Gerusalemme capitale condivisa da due popoli e due stati,  del futuro degli insediamenti, del ritorno dei profughi.

 

     Nulla di tutto questo accade, la realta', durante i diversi governi succedutesi da quelli  di unita' nazionale ai laburisti o del Likud, fu la crescita degli insediamenti e della confisca delle terre palestinesi, la chiusura degli abitanti della Cisgiordania  e Gaza tra i vari check point, l'impedimento di entrare a Gerusalemme insieme ad una potilica di "deportazione silenziosa" dei palestinesi di Gerusalemme Est.

 

    Il ritiro da Gaza, se avvenisse, non sarebbe una cosa negativa, meglio non avere soldati intorno che bombardano e uccidono, ma lasciamo la retorica di Sharon generale ed ora uomo di pace, una narrativa che si sposa con quella che dice che le destre hanno sempre fatto poi gli accordi, Sharon come Begin.

Stampa e Tv in questo sono penosi, quasi nello stesso tempo in cui Sharon faceva il suo discorso alla Knesset , a Khan Younis venivano uccisi 17 palestinesi tra di loro bambini, case continuavano ad essere demolite, non a caso nella area sud di Gaza dove al confine di Rafah con l'Egitto l'esercito continua la sua opera di pulizia etnica di palestinesi distruggendo migliaia di case per fare una zona libera e sotto controllo israeliano, i palestinesi non avranno nessuna sovranita' sul confine e, per potersi muovere da Gaza, resteranno alla merce' degli umori  dei soldati israeliani.  Da una parte Sharon dice di ritirarsi da Gaza, con la menzogna delle "concessioni coraggiose"  facendo dimenticare a tutti che occupare militarmente un popolo ed una terra e' totalmente illegale e criminale, dall'altra continua imperterrito a costruire, nella Cisgiordania,  il muro, mentre la corte di giustizia dell'Onu ne ha sentenziato la demolizione, continua a distruggere terre coltivate palestinesi  e sopratutto ad ampliare le colonie.

 

    Ma cio che e' fondamentale e' che la sorte dei Palestinesi viene decisa da altri, senza la loro partecipazione. E' un ritiro unilaterale quello di Sharon, e' vero che nel suo discorso alla Knesset ha sostenuto che cio' non e' alternativo ai negoziati, ma intanto non fa negoziati ed oltre a tenere incarcerato Arafat dice che da parte palestinese non vi sono interlocutori per la pace. L'autorita' palestinese invoca la ripresa dei negoziati.

 

    In tutto cio' i grandi colpevoli sono i responsabili internazionali. Il quartetto che ha lanciato la Road Map, un vuoto involucro che  palestinesi ed israeliani, come  Yossi Beilin e Yaser Abed Rabbo insieme ad altri, hanno riempito con l'iniziativa di Ginevra,  e' totalmente assente. Sempre di piu' voci israeliane e palestinesi per la pace dicono che la soluzione puo' essere offerta da un intervento esterno, perche' non vi e' parita' tra occupati ed occupanti. Naturalmente si aspettano i risultati delle elezioni Usa il 3 Novembre, Clinton a nome di  Kerry ha gia' rassicurato che la politica di appoggio ad Israele non cambiera'. Ma come dice Jonathan Shapira, il pilota israeliano che ha detto "No", amare Israele significa finirla con l'occupazione

militare israeliana.

    Noi dobbiamo fare assumere all' Unione Europea una  posizione decisa, si riaprano i negoziati, si sospendano gli accordi  di associazione con Israele. I movimenti dei movimenti, i partiti, tutti devono avere al centro la soluzione di questo conflitto e la fine di 37 anni di occupazione militare. Almeno un po' di giustizia e' possibile e necessaria.

Luisa Morgantini      (da "Liberazione" 28.10.2004 )

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CINQUE.

NON SCRIVERA' UN DIARIO

Ayman al-Hams di Tel El Sultan (Rafah)

non scrivera' un Diario.

 

Non scrivera' di sogni desideri paure

di fanciulla.

 

Non scrivera' di soffitte e di soldati.

 

Venti proiettili per

Ayman al-Hams di Tel El Sultan (Rafah)

e non scrivera' un diario.

 

 

I suoi pensieri non andranno per il mondo

il suo diario rinserrato nello zainetto

squartato come lei.

 

Ayman al-Hams di Tel El Sultan (Rafah)

non sara' mai famosa sara' solo

"un tragico errore partorito dal terrore"

il suo nome scomparira'  con lei

 

scomparira' come i bambini di 3  4 anni

uccisi a  Sderot

come quello di Loai Najar che a 4 anni

e' stato fatto fuori a Khan Yunis

 

 

Morire a 13 anni

il cuore la testa le braccia fatte a pezzi

solo perché parlando con le amiche

ci si scorda le zone proibite

una risata uno scherzo da ragazzine

e' un lusso che si paga con la vita.

Non e' concessa la normalita'

occhio alle divise alle torrette ai fili spinati

come per i bambini ebrei di  tanti fa

 

Io penso al boia che e' tornato indietro

e che sparava per la certezza della morte

e un pensiero mi nasce cattivo  tetro

cosa dira' Ayman nel regno delle ombre

alla ragazza del ghetto che ha avuto la stessa sorte?

Vittoria  [Al-Awda-Italia]

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SEI.

RITORNO AD HAIFA

La comunita' palestinese di Napoli ha curato nel mese di giugno la messa in scena uno spettacolo teatrale RITORNO AD HAIFA dello scrittore palestinese Ghassan Kanafani, con l'adattamento e la regia di Anita Mosca. Per chi fosse interessato ad utilizzare questo lavoro per iniziative pubbliche, per teatro o nelle scuole, tutte le informazioni e le schede tecniche si possono trovare sul sito della comunita' palestinese: www.comunitapalestinese.com o chiamando il 3297917005 - 3404618909

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SETTE.

Ultra’

Vi segnaliamo un articolo proposto dal sito utrasionista informazioncorretta.com (corretta si fa per dire) su un fatto (s)piacevole accaduto a Pisa: http://www.informazionecorretta.com/showPage.php?template=home_page

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OTTO.

Paolo Mieli, storico (?)

Paolo Mieli, nella sua rubrica con i lettori sul Corriere della Sera, il 26 ottobre e' tornato a citare il famoso sondaggio di Eurobarometro. Secondo Mieli era un sondaggio 'che a maggioranza attribuiva a Israele le colpe di tutto cio' che di nefasto accade in quell'area, definendola la piu' grande minaccia alla pace nel mondo'. Niente di piu' sbagliato. Quel sondaggio era dedicato a capire l'atteggiamento dei cittadini europei rispetto alla questione 'Iraq e la pace del mondo' e tra le altre domande c'era questa: 'Per ognuno dei seguenti paesi dite, secondo la vostra opinione, se rappresenta o no una minaccia alla pace nel mondo'. Seguiva una lista di quindici paesi e ogni intervistato poteva indicare come pericoloso piu' di un paese (al limite tutti), specificando se del tutto pericoloso, abbastanza pericoloso, abbastanza non pericoloso, niente affatto pericoloso. Le risposte ottenute sono che Israele era giudicato pericoloso dal 59 per cento degli europei, seguito da Iran (53), Corea del Nord (53), Stati Uniti (53), Iraq (52), Afghanistan (50), Pakistan (48). Paolo Mieli potrebbe farsi spiegare da Renato Mannheimer la differenza tra la domanda 'Quale e' il paese piu' pericoloso?'. E la domanda 'Dica se questo paese e' pericoloso'. Magari la sua fama di storico ne guadagnerebbe. (…) (da il manifesto - 31 Ottobre 2004)

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