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'Il muro dell'Apartheid che il governo Sharon sta costruendo in Cisgiordania
costituisce uno dei piu' grandi progetti
di annessione di terre, distruzioni e pulizia etnica di questi
ultimi decenni e, puntando a rendere impossibile la nascita di uno
stato palestinese sovrano, costituisce un colpo mortale a qualsiasi
soluzione negoziale del conflitto'. Contro
questa politica di annientamento del popolo palestinese - raccogliendo l'invito
delle ong locali - un vasto arco di comunita' palestinesi e comitati di solidarieta'
ha indetto una manifestazione nazionale a Roma. Il corteo partira' sabato 13 novembre
alle ore 14 da piazza della Repubblica. La Campagna Palestinese contro
il Muro dell’Apartheid, il Forum Palestina, il Coordinamento di Solidarieta' con l’Intifada, i comitati
e le associazioni che hanno indetto la manifestazione nazionale del
13 novembre invitano a partecipare alla riunione
che si terra' MERCOLEDI’ 3 NOVEMBRE, alle ore 19.00, in Via dei Bambini che muoiono, bambini
che uccidono di Leah Tsemel I miei genitori hanno abbandonato
l'Europa proprio poco tempo prima del genocidio,
per recarsi in quella regione che all'epoca si chiamava Palestina
e che oggi chiamiamo Israele e per offrirmi una vita migliore e la
sicurezza di uno Stato. Non posso certo dire, a distanza di 60 anni,
che ci siano riusciti: anzi, oggi continuo a difendere palestinesi
nei tribunali israeliani proprio per far comprendere questa verità
elementare: non si può costruire un nuovo futuro erigendolo su uno
zoccolo di oppressione… http://www.monde-diplomatique.fr/2003/11/TSEMEL/10653 (in francese) GAZA, ANATOMIA
DI UN OLTRAGGIO di Ramzy Baroud "Possiamo solo immaginare
il terrificante oltraggio che avrebbero manifestato
i leaders mondiali ed i media se una serie
di attentati palestinesi avesse colpito una citta'
israeliana ed in meno di quattro giorni avesse ucciso 60 persone e
ferito centinaia, la maggior parte dei quali civili innocenti..."
http://www.arabcomint.com/anatomia_di_un_oltraggio.htm Lasciarne un pezzo per occuparne
un altro, eppure qualcosa si muove. di Luisa Morgantini
Ariel Sharon, ieri,
nel giorno della commemorazione dell'assassinio di Yitshak
Rabin (ucciso il 4 Novembre, corrispondente
a ieri, nella data ebraica),
si e' scusato per avere usato toni duri durante il governo di Rabin, anche se ha sostenuto che, malgrado le differenze,
sia durante la vita politica che militare, tra loro ci fosse rispetto
ed amicizia. I familiari di Rabin,
tra cui la figlia Dalia, hanno detto di sentirsi vicino e di comprendere
"Arik Sharon" perche' "oggi
stiamo riascoltando le voci
dell'incitamento all'odio:" i rabbini non sono cambiati e sui
muri riappaiono i graffiti che chiamano sangue" . E, infatti,
nelle strade di Gerusalemme, martedi' notte sono apparse scritte che dicevano: "Abbiamo assassinato
Rabin, assassineremo anche Sharon". Non c'e' dubbio che la popolazione
israeliana e' divisa ed impaurita dal grande spettro della lotta intestina.
Quando Rabin venne
ucciso, Lea Rabin, la vedova, non esito'
a dire che Ygal Amir
non era solo e incolpo' Sharon
per aver aizzato i coloni di cui e' stato "il padre" ( anche
se bisogna pur dire che chi inauguro' il
primo insediamento nei territori occupati del 67 fu Simon Peres). Oggi la minaccia e' contro Sharon che propone l'evacuazione di 21 colonie a Gaza e il
ritiro delle truppe nel 2005. Nel 1995, Peres
e i laburisti, di fronte alle possibilita'
di una scontro interno e violento tra israeliani, optarono per il
patto di unita' con il Likud, mettendo in
primo piano l'unita' interna alla scelta di continuare il processo
di pace e di ritiro dai territori occupati, iniziato con gli accordi
di Oslo. Con l'assassinio di
Rabin e l'unita' tra le forze laiche
e religiose israeliane si mise termine a quella che era stata una
sfida per la quale sarebbero state necessarie
tutte le cure e volonta' politiche per portare
a termine le varie fasi dell'accordo di Oslo e cosi' come previsto, nel 1999, si
discutesse e si trovasse l'accordo per
la realizzazione dello Stato palestinese con
Gerusalemme capitale condivisa da due popoli e due stati, del futuro degli insediamenti, del ritorno dei
profughi. Nulla di tutto questo accade, la realta', durante i diversi governi succedutesi da quelli
di unita' nazionale ai laburisti o del Likud,
fu la crescita degli insediamenti e della confisca delle terre palestinesi,
la chiusura degli abitanti della Cisgiordania e Gaza tra i vari check
point, l'impedimento di entrare a Gerusalemme
insieme ad una potilica di "deportazione
silenziosa" dei palestinesi di Gerusalemme Est. Il ritiro da Gaza, se avvenisse, non sarebbe
una cosa negativa, meglio non avere soldati intorno che bombardano
e uccidono, ma lasciamo la retorica di Sharon
generale ed ora uomo di pace, una narrativa che si sposa con quella
che dice che le destre hanno sempre fatto poi gli accordi, Sharon
come Begin. Stampa e Tv in questo sono penosi, quasi nello stesso tempo in cui Sharon faceva il suo discorso alla Knesset
, a Khan Younis venivano uccisi 17 palestinesi
tra di loro bambini, case continuavano ad essere demolite, non a caso
nella area sud di Gaza dove al confine di Rafah
con l'Egitto l'esercito continua la sua opera di pulizia etnica di
palestinesi distruggendo migliaia di case per fare una zona libera
e sotto controllo israeliano, i palestinesi non avranno nessuna sovranita'
sul confine e, per potersi muovere da Gaza, resteranno alla merce'
degli umori dei soldati israeliani. Da una parte Sharon
dice di ritirarsi da Gaza, con la menzogna delle "concessioni
coraggiose" facendo dimenticare
a tutti che occupare militarmente un popolo ed una terra e' totalmente
illegale e criminale, dall'altra continua imperterrito
a costruire, nella Cisgiordania, il muro, mentre la corte di giustizia dell'Onu ne ha sentenziato la demolizione, continua a distruggere
terre coltivate palestinesi e
sopratutto ad ampliare le colonie. Ma cio che e' fondamentale
e' che la sorte dei Palestinesi viene decisa
da altri, senza la loro partecipazione. E' un ritiro unilaterale quello
di Sharon, e' vero che nel suo discorso
alla Knesset ha sostenuto che cio' non
e' alternativo ai negoziati, ma intanto non fa negoziati ed oltre
a tenere incarcerato Arafat dice che da
parte palestinese non vi sono interlocutori per la pace. L'autorita'
palestinese invoca la ripresa dei negoziati. In tutto cio' i
grandi colpevoli sono i responsabili internazionali. Il quartetto
che ha lanciato la Road Map, un vuoto involucro
che palestinesi ed israeliani, come Yossi Beilin e Yaser Abed Rabbo insieme ad altri, hanno riempito con l'iniziativa di Ginevra, e' totalmente assente. Sempre di piu' voci israeliane e palestinesi per la pace dicono che
la soluzione puo' essere offerta da un intervento esterno, perche' non vi e' parita' tra occupati
ed occupanti. Naturalmente si aspettano i risultati delle elezioni
Usa il 3 Novembre, Clinton a
nome di Kerry
ha gia' rassicurato che la politica di appoggio
ad Israele non cambiera'. Ma come dice Jonathan Shapira, il pilota israeliano
che ha detto "No", amare Israele significa finirla con l'occupazione militare israeliana. Noi dobbiamo fare assumere all' Unione Europea una posizione
decisa, si riaprano i negoziati, si sospendano gli accordi
di associazione con Israele. I movimenti dei movimenti, i partiti,
tutti devono avere al centro la soluzione di questo conflitto e la
fine di 37 anni di occupazione militare.
Almeno un po' di giustizia e' possibile e necessaria. Luisa Morgantini (da "Liberazione" 28.10.2004 ) NON SCRIVERA' UN DIARIO Ayman al-Hams
di Tel El Sultan
(Rafah) non scrivera'
un Diario. Non scrivera'
di sogni desideri paure di fanciulla. Non scrivera'
di soffitte e di soldati. Venti proiettili per Ayman al-Hams
di Tel El Sultan
(Rafah) e non scrivera'
un diario. I suoi pensieri non andranno
per il mondo il suo diario rinserrato nello
zainetto squartato come lei. Ayman al-Hams
di Tel El Sultan
(Rafah) non sara'
mai famosa sara' solo "un tragico errore partorito
dal terrore" il suo nome scomparira' con lei scomparira' come i bambini di 3 4 anni uccisi a Sderot come quello di Loai Najar che a 4 anni e' stato fatto fuori a Khan Yunis Morire a 13 anni il cuore la testa le braccia
fatte a pezzi solo perché parlando con le amiche ci si scorda le zone proibite una risata uno scherzo da ragazzine e' un lusso che si paga con la
vita. Non e' concessa la normalita' occhio alle divise alle torrette
ai fili spinati come per i bambini ebrei di tanti fa Io penso al boia che e' tornato
indietro e che sparava per la certezza
della morte e un pensiero mi nasce cattivo
tetro cosa dira'
Ayman nel regno delle ombre alla ragazza del ghetto che ha
avuto la stessa sorte? Vittoria [Al-Awda-Italia] La comunita'
palestinese di Napoli ha curato nel mese di giugno la messa in scena uno spettacolo teatrale RITORNO AD HAIFA dello scrittore
palestinese Ghassan Kanafani,
con l'adattamento e la regia di Anita Mosca. Per chi fosse interessato
ad utilizzare questo lavoro per iniziative pubbliche, per teatro o
nelle scuole, tutte le informazioni e le schede tecniche si possono
trovare sul sito della comunita' palestinese: www.comunitapalestinese.com
o chiamando il 3297917005 - 3404618909 Ultra’ Vi segnaliamo un articolo proposto dal sito utrasionista informazioncorretta.com (corretta si fa per dire) su un fatto (s)piacevole accaduto a Pisa: http://www.informazionecorretta.com/showPage.php?template=home_page Paolo Mieli, storico (?) Paolo Mieli, nella sua rubrica
con i lettori sul Corriere della Sera, il 26 ottobre e'
tornato a citare il famoso sondaggio di Eurobarometro.
Secondo Mieli era un sondaggio 'che a maggioranza
attribuiva a Israele le colpe di tutto cio'
che di nefasto accade in quell'area, definendola
la piu' grande minaccia alla pace nel mondo'.
Niente di piu' sbagliato. Quel sondaggio
era dedicato a capire l'atteggiamento dei cittadini europei rispetto
alla questione 'Iraq e la pace del mondo'
e tra le altre domande c'era questa: 'Per
ognuno dei seguenti paesi dite, secondo la vostra opinione, se rappresenta
o no una minaccia alla pace nel mondo'. Seguiva una lista di quindici paesi e ogni intervistato
poteva indicare come pericoloso piu' di
un paese (al limite tutti), specificando
se del tutto pericoloso, abbastanza pericoloso, abbastanza non pericoloso,
niente affatto pericoloso. Le risposte ottenute sono che Israele era
giudicato pericoloso dal 59 per cento degli europei, seguito da Iran
(53), Corea del Nord (53), Stati Uniti (53), Iraq (52), Afghanistan (50), Pakistan (48).
Paolo Mieli potrebbe farsi spiegare da Renato
Mannheimer la differenza tra la domanda 'Quale e' il paese
piu' pericoloso?'. E la domanda 'Dica
se questo paese e' pericoloso'. Magari la
sua fama di storico ne guadagnerebbe. (…) (da il
manifesto - 31 Ottobre 2004)
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