II Incontro nazionale degli aderenti a Gazzella: Agnese Manca

Pubblicato il 12 aprile 2003 da Gazzella
 

Cartina di Gaza e Cisgiordania: Territorio e popolazione

L’intera Palestina ha un territorio di circa 27.000 kmq, pari ad una della maggiori regioni italiane.

Lo Stato d’Israele ne occupa il 78% (20.700 kmq), con una popolazione di 6.000.000/ab.(stima 1999). La densità media abitativa è di 295ab/kmq. (In Italia è di 191ab/kmq).

La Cisgiordania e Gaza (territori palestinesi occupati da Israele) sono il 22% dell’Intera Palestina, pari a circa 6.000 kmq. Il 41% di questo territorio è occupato da insediamenti israeliani costruiti illegalmente. La popolazione palestinese è stimata in 3.500.000 ab., con densità media di 600ab/kmq.

In Cisgiordania vivono 2.000.000 di persone e il restante 1.500.000 si concentra nei 378 kmq della Striscia di Gaza, con una densità di oltre 3.500 ab./kmq. La sola città di Gaza conta circa 400.000 abitanti

2. ABU HULI ( a Sud della Striscia di Gaza)

A circa 15 Km. dalla città di Gaza verso Khan Yunis nel Sud, all’incrocio con la strada che porta all’insediamento di Cafardarom, una lunga fila di macchine sosta in attesa(2 ore per noi) che si apra il passaggio nei due sensi di marcia. Gente che va a lavoro o in ospedale o a trovare un parente: c’è chi resta in macchina con le portiere aperte, chi siede lungo la scarpata della strada polverosa e chi ricorre a un riparo improvvisato da chi ti vende una bibita fresca o un panino. E’ anche così che si cerca di campare. Ad un tratto si sente un urlo: è aperta! E tutti di corsa in macchina, ma dopo 5 minuti tutto si ferma di nuovo e rincomincia l’attesa. Arrivati alla torretta vediamo spuntare le mitragliatrici delle guardie israeliane, mentre un carro armato, seguito da un bulldozer passa e ripassa davanti a noi sollevando nuvoli di polvere. Fotografare la scena poteva essere rischioso.

Foto, Agosto 2001.

3. KHAN YUNIS CITTA’ (120-220.000 ab.)

Cittadina fondata dai Turchi dei quali rimane ancora una fortezza. La sua popolazione si è quasi raddoppiata in 13 anni, passando da 70 a 120.000 abitanti in città per superare i 200 mila con la periferia. Khan Yunis si trova a Sud della Striscia di Gaza, vicino alla costa del Mediterraneo. Vicino a Khan Ynui Camp in località Nimsawi c’è l’insediamento israeliano di Neve DeKalim e ad ovest di Khan Yunis la base israeliana di Al Nuria

Di notte i soldati israeliani sparano a casaccio sull’abitato ad ogni cambio di guardia. Molte case portano i segni dei proiettili sui soffitti e le pareti. Alle rovine causate dai carri armati israeliani che entrano ed escono a loro piacimento si mescolano le antenne sui tetti, a testimonianza della voglia di conoscere, con accanto i bidoni dell’acqua che scarseggia.

Foto presa dal Centro di Riabilitazione della Mezzaluna Rossa, a Giugno del 2002.

4. KHAN YUNIS CAMPO (martiri sui muri)

Sul prolungamento della città si stende il campo di Khan Yunis, caratterizzato da strade strette e polverose, fogne a cielo aperto, muri recanti i segni della violenza cui la popolazione è sottoposta: Immagini dipinte sui muri di ragazzi uccisi da Israele, martiri della resistenza contro l’occupazione militare. Il 70% circa degli uomini sono disoccupati per la chiusura delle frontiere con Israele. Senza lavoro, senza un ruolo decisivo in famiglia si sentono umiliati e frustrati. Non di rado la moglie ci fa capire con un cenno che il marito non ci sta più con la testa.

Foto, Agosto 2001.

5. KHAN YUNIS (Tufah-tenda condoglianze)

In diverse circostanze il bambino ferito, destinatario della nostra busta, era fuori casa con i compagni a vegliare un coetaneo ucciso dai soldati israeliani. In questi casi, per gli spazi ristretti delle abitazioni, viene montata una grande tenda, così da congiungere i due lati della strada davanti alla casa della vittima, dove la gente va a porgere le proprie condoglianze alla famiglia.

Foto,Dicembre 2002.

6. KHAN YUNIS (At-Tufah).

Il bambino è stato intossicato dal gas velenoso lanciato da Israele verso la fine del 2001. Portato in ospedale per difficoltà nella respirazione, la prima volta vi è rimasto 10 giorni, ma i controlli non sono finiti. Mohammad, insieme anche ad un altro fratellino, continua la cura disintossicante tornando periodicamente in ospedale. La casa è piuttosto ristretta e molto modesta, come si vede dalla foto di Mohammad con la madre e un fratellino. Il padre è senza lavoro da 4 anni, da quando Israele ha licenziato i lavoratori palestinesi, sostituendoli con manodopera importata.

Foto, Dicembre 2002.

7. KHAN YUNIS (Tufah)

Tutt’intorno palazzi ridotti allo scheletro e cumuli di macerie, mentre i bambini giocano davanti alle tende piantate nello spazio lasciato dalle case distrutte.

Ad ogni lancio di missile dei soldati israeliani, appostati a poche centinaia di metri, e ad ogni funerale di un loro martire, i bambini manifestano sfidando il divieto dell’occupante del quale diventano facile bersaglio.

Foto, Agosto 2001.

8. KHAN YUNIS (Tufah)

Al punto di confine verso il mare, tracciato da Israele, è denominato Hajz At-Tufah, confluisce la maggior parte dei bambini di Khan Yunis e dintorni : Bani Suhaila, Khaza’ah, Na’ymah e Ma’an, per manifestare contro l’occupazione in occasione della giornata della terra, della celebrazione mondiale dei diritti dell’infanzia o dell’anniversario della Nakba. E’ qui che molti dei nostri bambini sono stati feriti per lo più alla testa e al petto, ma anche alle mani, all’addome, al pelvi e alle gambe. In tutta questa zona le case distrutte aumentano e la situazione di strangolamento della popolazione palestinese diventa sempre più insostenibile.

Foto, Agosto 2001.

9. KHAN YUNIS (At-Tufah).

Bambini giocano accanto al nuovo muro di sbarramento tra un piccolo insediamento ebraico e il campo di Khan Yunis. Dietro il muro della vergogna che Israele sta costruendo in terra palestinese, a protezione di poche famiglie israeliane che si sono installate nella striscia di terra fertile verso il mare.

Foto, Giugno 2002.

10. KHAN YUNIS (At-Tufah)

La tecnica si affina e il muro alto piu’ di otto metri è sorvegliato da una torretta mobile, guidata da un computer, che spara in tutte le direzioni. In altri punti ci stanno i gulbe che appaiono e scompaiono grazie a un congegno mobile che viene azionato all’improvviso. E’ da qui che i soldati israeliani sparano sui bambini che giocano facendo scomparire il gulbe immediatamente dopo la sparatoria.

Foto, Marzo 2003.

11. KHAN YUNIS (Al Mawasi)

Piccolo villaggio palestinese di 6000 ab., a pochi km. da Khan Yunis, circondato dall’ insediamento ebraico Gush Katif e dall’esercito israeliano. Zona fertile, ricca d’acqua, la popolazione vive di agricoltura e pesca, ma da due anni è alla mercé dei coloni che devastano le terre coltivate per indurre la popolazione a fuggire. Esistono due sole cliniche mediche per servizi di base e per il resto occorre andare a Khan Yunis, ma le autorizzazioni sono difficili da ottenere al posto di blocco. Né l’UNRWA, né la Croce Rossa possono entrarvi e nemmeno Il Medical Relief se non in casi molto gravi. Esistono 2 scuole e sono spesso chiuse perché gli insegnanti non sono stati autorizzati ad entrare e questo è a discrezione dei soldati al posto di blocco. La circolazione interna di macchine è spesso proibita e i bambini devono fare dei Km a piedi per raggiungere la scuola. Per tutti i servizi essenziali, come l’erogazione dell’acqua e dell’elettricità, e così per i prodotti base, come la farina, lo zucchero, il latte ecc., dipendono totalmente da Israele, ma poiché manca il lavoro manca anche la possibilità di nutrirsi e di curarsi. Dopo lunghe attese al posto di blocco alcuni abitanti del villaggio riescono talvolta a passare lo sbarramento, 5 persone alla volta e senza portare niente con sé. Nella foto vediamo donne di Al Mawasi in attesa da ore di poter rientrare alle proprie case.

Foto, Marzo 2003

12. RAFAH (120-180.000 ab)

 

Città al confine con l’Egitto, interamente circondata da postazioni militari e torri di controllo dalle quali l’esercito israeliano spara a casaccio sull’abitato giorno e notte. Inizia la distruzione delle case dai bulldozer israeliani che spingono sempre più in dentro alla città lo sbarramento di confine controllato da Israele.

La distruzione delle case a ridosso del vecchio confine (nella foto in alto a sinistra), oggi sostituito da un muro mobile in lamiera che avanza dentro la città, creando così una terra di nessuno tra la città e la grande muraglia, alta 8 metri, avviene quasi quotidianamente. Israele ha già distrutto 600 case. I bambini ritornano, in modo spontaneo e naturale, a giocare in quello spazio lasciato libero dopo la distruzione delle loro case e ogni volta vengono puntualmente sparati dai soldati israeliani appostati in una torre dietro il muro.

Foto, Dicembre 2002.

13. RAFAH(Strada chiusa)

Rafah, ai confini con l’Egitto, è uno dei punti più caldi, con case distrutte, strade chiuse da pile di grossi contenitori riempiti di sabbia e cemento. Abuab Salah Ed-Dini “Le porte del Saladino” è il punto di ritrovo dei bambini che reagiscono alla violenza armata dei soldati israeliani lanciando pietre. A due passi da qui c’era il vecchio confine tra Palestina ed Egitto.

Foto Agosto 2001

14. RAFAH: 86- ALA’ WA’IL EL NAJILI, 14anni.

Ci riceve lo stesso Wa’il poiché la madre è fuori casa e il padre è morto. Il 7/10/2000 è stato ferito allo stomaco da una pallottola sparata dai soldati israeliani mentre stava non lontano dalla propria abitazione. E’ stato portato subito all’ospedale Nasser e da qui in un ospedale dell’Arabia Saudita dove è rimasto 50 giorni e ci ritorna per controlli. Ha terminato la classe VIII e si prepara a frequentare il X anno di studi. Sono 6 figli: 3 maschi e 3 femmine. Davanti alla sua casa foto di martiri affissi alla parete. Vi è anche la foto di uno zio ucciso dai soldati israeliani.

Foto coi fratelli-Giugno 2002

15. RAFAH (martiri)

Il campo di Rafah, forse più di ogni altro, sembra sintetizzare l’attuale situazione di precarietà e disagio comune all’intera Palestina occupata. La popolazione è esposta quasi in permanenza al lancio di missili dei soldati israeliani ed alle incursioni notturne di elicotteri e carri armati. Rastrellamenti di maschi dai 14 ai 45 anni e uccisioni sono all’ordine del giorno. Le strade sono tappezzate di poster dei martiri della Resistenza.

Foto Giugno 2002.

16. RAFAH (Blocco O)

Piccolo varco tra una casa e l’altra attraverso il quale la gente scappa all’arrivo di un bulldozer o comunque comunica coi vicini sul pericolo imminente. Il bulldozer arriva di notte e nel giro di 5-10 minuti le persone devono lasciare la casa per non restarvi schiacciate.. Grazie a questo modo di comunicare fra loro le famiglie prese di mira riescono almeno a prepararsi per tempo ed a prendere con sé documenti e altre cose di valore prima che il bulldozer si abbatta sulla loro casa.

Foto Dicembre 2002.

17. RAFAH (Tende).

Tende più o meno provvisorie assegnate dall’UNRWA alle famiglie che hanno avuto la casa distrutta dai bulldozer israeliani negli ultimi mesi.

Foto Giugno 2002.

18 .ZONA CENTRALE (Blocco Stradale Tra Gaza Citta’ E Der Al Balah)

La mattina del 22 dicembre, lasciando la città di Gaza abbiamo dovuto superare a piedi un’interruzione di strada di un 1km circa nei pressi di Der El Balah. La macchina che ci conduceva è dovuta tornare indietro mentre noi ci siamo unite alla lunga fila di persone di ambo i sessi – grandi e piccoli, qualcuno in sedia a rotelle o sorretto da stampelle – che come noi tentavano di raggiungere a piedi l’altro tratto di strada asfaltato. Lì sostavano altre macchine, impedite a loro volta di proseguire verso la città di Gaza. In quella circostanza abbiamo fatto parte, nostro malgrado, di quella processione di gente che camminava nei due sensi di marcia su una strada infangata e piena di pozzanghere, per le piogge di quei giorni, dopo che l’esercito israeliano ne ha smantellato l’asfalto.. Da quando Gaza è stata tagliata in tre parti, questa è la vita di chi deve spostarsi, per raggiungere un posto di lavoro, un ospedale o un parente in un villaggio vicino. Costretti a prendere una seconda o terza macchina all’altra estremità della strada, il tempo fuori casa e le spese di viaggio si moltiplicano. E’ un modo per impedire e comunque controllare ogni spostamento, ciò che esaspera gli animi e rende la vita di tutti i giorni oltremodo difficile. Tutto questo avrebbe lo scopo di garantire la sicurezza dei coloni all’interno dei loro insediamenti o ghetti paradisiaci.

Foto Dicembre 2002

19. ZONA CENTRALE (insediamento ebraico)

Tutt’intorno, vediamo i campi palestinesi divelti e poco più in là le piantagioni verdeggianti dei coloni: cetrioli, pomodori, fagiolini e zucchine, coltivati in serre e all’aperto, da lavoratori tailandesi che hanno preso il posto dei palestinesi. Non è facile qui raggiungere i bambini nelle loro case. In questa zona, ci sono buche dappertutto, provocate dai bulldozer israeliani che hanno distrutto case e campi su un raggio di 3 km circa, fino alla strada del mare. Così che i carri armati di notte hanno avuto libero accesso. Molte case nuove sono crivellate di proiettili e ormai disabitate. Nel tratto di mare circostante i bagni sono proibiti e così la pesca. Fra poco, dice un signore, ci impediranno anche di fare figli!

Foto Dicembre 2002.

20. AL MUGHRAQA (Zona centrale)

 

Molte delle palme in questa, come in altre zone, sono minacciate dalla presenza dei coloni che si divertono a prenderle a tiro a segno. Una volta colpite si seccano e muoiono.

Foto Dicembre 2002.

21. DER AL BALAH”Casa delle palme” (Zona centrale).

All’entrata della cittadina, abitata in gran parte da famiglie di beduini, si vedono i segni di distruzione causati dai bulldozer israeliani: strade smantellate, tubi dell’acqua tranciati, campi rivoltati.

Foto Giugno 2002.

22. DER AL BALAH (Casa distrutta).

Quella stessa mattina, raggiunta la cittadina di Der El Balah, ci siamo trovati davanti ad una montagna di detriti. Era la casa di Abdel ‘Aziz, uno dei nostri bambini feriti. Il fratellino di 10 anni, Abderrahman, rovistava tra le macerie in cerca della sua borsa contenente i quaderni ed i libri scolastici. E’ lui che ci racconta di essere stato svegliato la notte scorsa dai soldati israeliani intimando alla famiglia di lasciare la casa entro 10 minuti. Fatta saltare in aria la casa, i militari hanno prelevato Il nostro Abdel’Aziz che al momento della nostra visita si trovava ancora nelle loro mani. In seguito, una telefonata segnalava al Medical Relief il ritorno a casa del bambino ferito e il prelevamento di un altro fratello. Il piccolo Abderrahman è rimasto solo in quella casa distrutta, con la madre in cerca di una tenda presso l’UNRWA e per di più con l’assenza del padre detenuto in un carcere palestinese.

Foto Dicembre 2002.

23. DER AL BALAH (Parabolica)

Una famiglia di beduini, povera, ma fiera della propria identità e con tanta voglia di conoscere e di istruirsi. Uno dei loro bambini, ferito mentre andava a scuola, è stato da noi affidato affidato e la famiglia esprime riconoscenza.

Foto Agosto 2001.

24. AL MUGHRAQA (zona centrale).

E’ qui che abita Ismail Ibrahim Juma’a, 11 Anni.

E’ un villaggio vicino alla città di Gaza. Due mesi fa le strade asfaltate sono state smantellate da un bulldozer israeliano. In mezzo ai detriti vediamo zolle di cemento, mentre in quella che fu la strada ci sono pozzanghere e fosse dove si sono depositate le acque piovane di questi giorni. Con la macchina arriviamo solo fino ad un certo punto e poi occorre indietreggiare per non essere sparati. Mussa, il nostro accompagnatore, ci mostra delle case dietro ad una vasta estensione di terra coltivata e frutteti espropriati di recente. Con questo sbarramento i proprietari di quelle case per tornare in famiglia devono fare dei lunghissimi giri. Di fronte a noi c’è un “Gulbe” o torre di controllo, siamo osservati e la gente ci raccomanda di non fare foto per non essere sparati. Ismail è stato ferito da soldati israeliani che hanno sparato dal gulbe. L’ambiente in cui vive con i genitori, 2 sorelle e 3 fratelli è piuttosto disagiato.

Foto Dicembre 2002.

25. NUSEIRAT CAMP (bambini )

Bambini vivaci e contenti di giocare rincorrendosi a piedi nudi negli spazi ristretti tra le strade ed i cortili delle loro case piene di sabbia. Molti dei bambini sono stati feriti all’uscita di scuola, durante un funerale, giocando in strada o manifestando davanti ad un accampamento di coloni in ricorrenze particolari, come la Giornata della Terra (30 marzo), l’anniversario della “NAKBA” (catastrofe) del ’48, la Giornata Mondiale dei Diritti dei Bambini (20 novembre). Non c’è casa senza un ferito o una persona uccisa tra i familiari. Al peggioramento della situazione sembrano dovuti i frequenti abbandoni scolastici fra i bambini visitati. Quelli colpiti alla testa, in special modo, hanno problemi di comportamento, attacchi nervosi, crisi di panico, pianti notturni ecc. Di giorno mentre giocano per strada, dimenticano per un attimo i problemi, chiedono di essere fotografati e si divertono a fare il segno di vittoria.

Foto, Agosto 2001.

26. NUSEIRAT CAMP (vicino a Gaza citta’)

Bambini che si divertono a giocare a biglie “Bananir” e chiedono di essere fotografati. Con loro uno dei nostri bambini affidati.

Foto Dicembre 2002.

27. AL BUREIJ Camp (zona centrale)

E’ un campo di rifugiati tra Al Nuseirat e al Maghazi, non lontano dalla città di Gaza. 3 giorni fa l’esercito israeliano ha fatto saltare una casa di sospetti terroristi. Il potente esplosivo ha causato il crollo di mura e soffitti di casupole circostanti in un raggio di un centinaio di metri.

In questa stanza, nel punto in cui è stata appesa una corona di fiori, è rimasta schiacciata una donna al nono mese di gravidanza incinta, lasciando altri 9 figli. La più grande (Nasma) è quella a destra, ha 15 anni ed ha in braccio la più piccola (Muna) di 18 mesi. Il padre, è rimasto ferito ed è ancora in l’ospedale mentre i suoi 9 figli vivono, presso la famiglia di uno zio paterno con moglie e 6 figli.

Foto del 6/3/2003

 

 

 

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